di Alberto Chiara
È una lezione. Di sostanza. E di stile. C’è chi tira su muri o srotola fili spinati, cercando di fare del Vecchio Continente una fortezza che respinge ed esclude. E c’è chi aiuta i vivi e ha parole di cordoglio per i morti: nessuno deve dimenticarli. Lunedì 8 luglio papa Francesco vola a Lampedusa. La meta scelta per il suo primo viaggio pastorale come vescovo di Roma, primate d’Italia e papa della Chiesa universale è l’estrema periferia meridionale dell’Europa. Quell’isola, quelle spiagge, quel tratto di mare che sono divenuti speranza di chi ce l’ha fatta e miraggio di chi è stato più sfortunato.
Questa visita di Papa Francesco è un richiamo. Forte. Nei confronti di chi ha tramutato in business i viaggi della speranza dei migranti, lucrando sulla tratta degli esseri umani. Nei confronti delle istituzioni e di chi deve applicare la legge, perché in ogni caso l’umanità e la solidarietà non possono essere mai scordate. Nei confronti del nostro Paese, ma anche degli altri Stati europei, perché Lampedusa è una, ma le Lampedusa d’Europa sono tante, con un bagaglio di dolore non meno drammatico.
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