Michelangelo Nasca, sul sito nobell.it , ha sintetizzato molto bene un concetto che mi pare decisivo nel racconto che l’evangelista Marco scrive dell’incontro tra Gesù e il cosiddetto giovane ricco. Ecco le considerazioni di Nasca:
Nella vita di ogni uomo – e in modo particolare in quella dei più giovani – il desiderio di infinito si percepisce, talvolta, attraverso le domande che riguardano il senso da dare alla propria esistenza. Ci rendiamo conto che nessun bene finito può saziare il desiderio di eternità presente nel cuore umano, e solo Dio – nella concreta esperienza della fede cristiana – è capace di rispondere a questo struggente richiamo interiore. Risulterà chiarificante, a tal proposito, l’incontro – che cercheremo di commentare qui brevemente – tra Gesù e un giovane ricco narrato nei Vangeli.
“Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?»”(Mc 10, 17).
L’immagine iniziale proposta dall’evangelista Marco è davvero suggestiva. Un tale (che si trattasse di un giovane lo riferiscono i Vangeli di Matteo e Luca) “corre” verso Cristo, mostrando il vivace desiderio di volerlo incontrare. Egli, addirittura, si inginocchia davanti a Gesù per rivolgergli una domanda estremamente importante, la domanda di tutta una vita, una domanda che corrisponde al desiderio di pienezza e di felicità verso cui orientare la propria esistenza: che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna? Il giovane, inoltre, si dirige verso Gesù, chiamandolo “Maestro”, quasi a voler riconoscere uno degli aspetti principali dell’identità di Cristo: il suo essere “persona educante”. Una prospettiva, quest’ultima, che il disvalore culturale e morale odierno tende abilmente ad occultare. Se, infatti, scompare Cristo come vero “principio educante”, i valori si appiattiscono, diventano impersonali e ognuno potrà essere solo maestro di se stesso!
Alla domanda sulla vita eterna Gesù suggerisce al giovane ricco l’osservanza dei Comandamenti. Il ragazzo ammette di aver sempre adempiuto a questa regola di vita morale (oggi diremmo “da bravo cristiano!”). Ad un tratto, però, Gesù posa lo sguardo su di lui, “fissatolo lo amò”! Uno sguardo che rivela l’amore inesauribile e sorprendente di Dio; Gesù sta per rivolgere al giovane interlocutore una proposta decisiva, qualcosa che può rilanciare la sua vita e proiettarlo verso quel desiderio di eternità che un istante prima aveva spinto il giovane ad incontrare Cristo: “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!»” (Mc 10, 21).
Il giovane – quello di ieri come quello di oggi – deve adesso operare con libertà un’importante scelta per la sua esistenza. Seguire Cristo non è facile, al discepolo viene chiesto di rinunciare a tutto ciò che nel mondo può garantire un’effimera stabilità di vita. Gesù chiede una sequela incondizionata, un abbandono totale all’amore del Padre, come gli uccelli del cielo che «non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre» (Mt 6, 26); e ancora: «Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6, 31-33).
«Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni»(Mc 10, 22). L’esito di questo singolare incontro con Cristo si conclude tristemente. Il giovane ricco, infatti, si fece scuro in volto e se ne andò rattristato. Egli inizia ad allontanarsi, così, da quel desiderio di eternità tanto anelato – perché possedeva molti beni – mentre lo sguardo di Cristo (così ci piace immaginarlo) continuava a seguirlo!
Michelangelo Nasca
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