Federico Faggin e l’anima


di Antonio Spadaro, sj

Riprendo qui un articolo-intervista di Carlo Dignola apparso su Avvenire del 9 ottobre 2012 e dedicato a Federico Faggin, al quale si devono le basi dell’informatica di massa e che oggi indaga sul mistero che rende l’uomo così diverso dal computer.

A chi fosse interessato alla sua figura consiglio il volume di Angelo Gallippi, Federico Faggin. Il padre del microprocessore, Milano, Tecniche Nuove, 2011.

Sul chip «4004» prodotto dalla Intel nel 1971 sta scritto «F.F.»: sono le iniziali di Federico Faggin. Gli esperti lo considerano il primo vero microprocessore, lo chiamano «the miracle chip» perché aprì la strada all’informatica di massa come la conosciamo oggi: fu la «creta» modellata dalle mani di ragazzi come Bill Gates. Perito elettronico e fisico vicentino, cresciuto in Olivetti, Faggin nel 1968 è stato un precoce «cervello in fuga» nella Silicon Valley, dove vive da 45 anni. Alla fine degli anni ’70 litigò con Intel e si mise in proprio creando la mitica Zilog di Cupertino, un piccolo regno di idee avanzate per l’informatica, anche molto redditizio. Con il suo gruppo ha inventato cose come il touchpad, che oggi equipaggia tutti i notebook e netbook, ed è stato tra gli sviluppatori del touchscreen. Negli anni ’80 studiava un telefono intelligente da connettere al personal computer (oggi abbiamo Skype), i primi sistemi di posta elettronica, l’interazione voce-dati a distanza (sta arrivando Siri in italiano), sensori per la fotografia digitale (con la sua Foveon). Stufo della supertecnologia, Faggin ha fondato la «Federico and Elvia Faggin Foundation» per lo studio della consapevolezza.Arrivato a 70 anni ha deciso di dedicare le sue energie a cercare di far luce su cosa sia la coscienza, non con i metodi di Platone, ma con quelli di Einstein, Turing, Popper & C. In questi giorni il grande tecnologo dell’informazione è a BergamoScienza, manifestazione che si tiene fino al 21 ottobre e che domenica accoglierà James D. Watson, lo scopritore (con Crick) del Dna.

Professor Faggin, lei ha lavorato prima sul microprocessore, il cuore del pc, poi su touchpad e touchscreen…

«Il cuore e la pelle, sì».

Ora si occupa della sua «anima».

«Di consapevolezza. Verso la metà degli anni ’80 mi ero interessato alle reti neuronali, si cominciava a capire qualcosa di come funziona il cervello umano e su quella base mi sono buttato in questa nuova direzione per cercare di realizzare un nuovo componente informatico di tipo “cognitivo”: l’idea era quella di costruire un computer che impara da solo e quindi potrebbe evolvere come un sistema vivente. Quello che conosciamo oggi non impara niente, è una macchina che, semplicemente, fa perfettamente e molto velocemente ciò che gli si dice di fare».

L’uomo è un’altra cosa.

Continua a leggere qui federico-faggin-linventore-del-chip-alle-prese-con-lanima


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Un pensiero riguardo “Federico Faggin e l’anima

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  1. La narrazione di Faggin circa la spiritualita’, non spiega l’esistenza del male e del bene. Il libero arbitrio lo usiamo proprio per scegliere tra i due oppure per essere resilienti quando subiamo il male e non ne vogliamo fare a nostra volta. Sembra che con l’impostazione della sua ricerca spirituale rimanga in un orizzonte filosofico scientifico di tipo “positivista”, dove il campo quantistico umano sia necessariamente volto al bene. Il male che subiamo e che facciamo su che piattaforma spaziale esiste? e’ forse l’antimateria? L’oscurita’? Il suo e’ un racconto molto bello, ma anche il racconto di un Dio che ci aiuta e’ molto bello, si potrebbe credere a entrambi se solo nell’ambiente scientifico non fosse fuori moda credere in Dio. Il fatto di assimilare l’essere umano a un campo quantistico con tanto di libero arbitrio e’ molto affascinante e verosimile, quanto quello di un Dio che lo ha creato. Sempre siamo di fronte al Mistero.

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