Il dialogo fra Gesù e i discepoli sull’identità del Maestro, al centro del vangelo di domenica 16 settembre, è uno dei temi più interessanti del Nuovo Testamento. Claudio Martino ci suggerisce un commento di don Matteo Ferrari, Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli.
Cosa significa essere cristiani? Cosa significa essere discepoli di quel Maestro che ha camminato sulle strade di Israele, ha insegnato alle folle, ha guarito i malati e liberato dal male coloro che incontrava? Cosa significa seguire colui che è stato catturato, condannato, crocifisso e che i suoi discepoli annunciano risorto?Potremmo vedere nel brano di Vangelo di questa domenica una risposta, un tentativo di risposta a queste domande. Certo solo un tentativo di risposta che non è “argomentativo”, ma “narrativo”. Una risposta che possiamo cercare cioè nello svolgersi del racconto che la pagina evangelica di questa domenica ci presenta.Si tratta di un racconto che si sviluppa in tre scene: a) la piccola inchiesta di Gesù circa la sua identità e la professione di fede di Pietro; b) l’annuncio da parte di Gesù della sua passione, morte e risurrezione; c) la reazione di Pietro e l’insegnamento di Gesù sulla sequela.Il primo quadro è consolante. Vediamo Gesù che non è neppure lui un uomo dalle certezze incrollabili. Sta percorrendo un cammino decisivo per la sua vita, si sta confrontando con i primi insuccessi, le prime contrapposizioni, le avvisaglie di quelle difficoltà che lo condurranno alla morte. E in questa situazione si confronta con i suoi discepoli. Vuole sapere cosa si dice di lui, cosa pensano di lui coloro che gli sono più vicini e lo seguono.I discepoli dicono a Gesù cosa la gente pensa di lui – Giovanni Battista, Elia, uno dei profeti – tutte cose giuste, che riconoscono in Gesù una personalità profetica. Ma poi giunge la risposta di Pietro: tu sei il Cristo! E’ un grande passo avanti. Pietro dice a Gesù: tu non sei per noi solo la riproposizione di una figura del passato come pensa la gente, ma tu per noi sei colui che ha dato una risposta alle nostre attese più profonde, sei il Messia. Ecco il primo passo: un cristiano è colui che ha scoperto in Gesù non una semplice riproposizione di modelli del passato, ma che ha visto in lui la risposta a tutte le sue attese; in lui ha scorto una Parola inedita di Dio per la sua esistenza.Ma poi ce’è un secondo passo. Che potremmo chiamare il passaggio della crisi. Gesù passa ad annunciare la sua passione morte e risurrezione e lo fa apertamente.
A questo punto Pietro si ribella. Chiama in disparte Gesù e si mette a rimproverarlo. Un cristiano è un uomo, una donna che ha scoperto Gesù come quella Parola che risponde a tutte le sue attese, ma anche che deve scontrarsi con il fatto che una tale Parola non può essere ridotta nemmeno alle sue stesse attese. Un Cristiano è uno che ad un certo punto deve scontrarsi con la Pasqua di Gesù, con la logica di Dio che non è la nostra. Un Cristiano è un uomo, una donna che si lascia mettere in Crisi dall’incontro con un Signore che sempre lo precede e gli sfugge.Infine un terzo passo. Di fronte alla reazione di Pietro Gesù si rivolge a tutti, alle folle e ai discepoli, per rivolgere loro un insegnamento su cosa significhi veramente essere suoi discepoli. In fondo Gesù insegna loro cosa significhi essere uomini e donne dalla vita piena, non solo uomini e donne religiosi. Gesù rivela loro il segreto della sua vita. Che cioè la vita la si perde cercando di trattenerla per sé, mentre le si guadagna vivendola per gli altri. Un cristiano è un uomo o una donna che si lascia evangelizzare da Gesù, che lascia alla sua Pasqua la possibilità ci convertire la sua vita.Ecco come il vangelo di oggi descrive il volto di un discepolo di Gesù. Quel volto che si rivela a noi anche ora facendo memoria di lui nella condivisione del pane e del calice.
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