di Alessandro D’Avenia
C’è bisogno di una “paidéia” (istruzione ed educazione insieme: la prima ha come fine laconoscenza, la secondal’autonomia. Insieme potremmo chiamarle “cultura” se oggi non avesse un significato riduttivo, mentre cultura è tutto ciò che rendepiù umano l’uomo e più vivo lo spazio-tempo in cui l’uomo vive) capace di dare ai ragazzi strumenti conoscitivi (niente a che vedere con l’obbligo e la rigidezza dei percorsi attuali) e occasioni vitali (niente a che vedere con l’improvvisata alternanza scuola-lavoro e altre mille educazioni che hanno intasato il curriculum scolastico) per aver presa su se stessi, così da fiorire e far fiorire, così da star bene e far star bene.
Disordini e fragilità dei ragazzi non ci toccano? Anoressia, bulimia, dipendenze di vario genere, disturbi di concentrazione, tentati e riusciti suicidi, autolesionismo… non sono tutti segnali di un’angoscia profonda non risolvibile con i farmaci, ma radicata in un territorio più nascosto ma raggiungibile che si chiama la vita della vita?
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