La testimonianza di Ilaria Vellani, presidente diocesana dell’Azione Cattolica di Carpi
Da circa dieci giorni, da quel 20 maggio in cui Carpi doveva festeggiare il suo patrono San Bernardino, vorrei scrivere qualcosa per raccontare quanto sta avvenendo nella nostra pianura. Ma proprio non riesco a trovare le parole. Le scosse di ieri, forti, lunghe, continue hanno tirato giù quanto ancora non era sceso, hanno radicalizzato situazioni già compromesse, ne hanno creato altre ugualmente drammatiche.
Lo scenario è molto più serio di quello che passa per i mezzi di comunicazione, perché oltre alla distruzione, ciò che non si riesce a rendere con le immagini è il senso di precarietà, di impotenza, di incertezza, è la sensazione del cuore in gola ogni dieci minuti, ad ogni piccola scossa. E’ quello che si prova a vedere cadere le case – frutto dei risparmi di una vita, quelle con i mutui appena fatti, quelle edificate da dieci anni, quelle dei nonni che hanno visto intere generazioni nascere e crescere… -, i capanonni, i simboli dei nostri paesi distrutti (le torri, i campanili, le piazze).
Io davvero mi ritrovo senza parole. Ci sono paesi completamente a terra, aziende distrutte, danni economici incalcolabili e non solo per le nostre zone, ma anche per l’economia del Paese. Delle nostre 35 parrocchie, più di una ventina sono compromesse in modo definitivo – il Duomo di Mirandola è crollato, quello di Carpi a rischio crollo -, altre sono inagibili; le persone dormono ovunque, basta che non sia in casa, i parchi della città sono diventati campeggi, chi può è andato via, lontano, ha messo kilometri di distanza. Il numero dei morti è cresciuto nello scorrere delle ore, credevamo di esserci fermati il 20 maggio con questo macabro conteggio, invece nella giornata di ieri il numero è cresciuto di ora in ora: mamme e papà, lavoratori, e in ultimo anche don Ivan, parroco di Rovereto, arrivato nella nostra diocesi dalla Lombardia, fidei donum da vent’anni, sensibile e vicino agli emarginati, ai carcerati, ai poveri.
Sono senza parole, siamo senza parole. Alle tante telefonate ed email che abbiamo ricevuto dagli amici di tutta Italia, a coloro che hanno offerto disponibilità all’aiuto ho risposto che ancora non so che cosa si può fare, fino a un paio di giorni fa si iniziava a organizzare qualcosa, ma la scossa di martedì mattina ci ha fatto ripiombare nell’emergenza.
Piano piano capiremo e sicuramente ci organizzaremo. Ma intanto una cosa è certa, questo nostro vuoto di parole, è stato riempito con tante parole di amicizia e di affetto che scaldano il cuore, che rinfrancano, che danno conforto. In questi giorni di emergenza e di tanta sofferenza le vostre parole hanno colmato il nostro silenzio, il nostro essere sbigottiti, e questo è un aiuto che non ha prezzo, e di cui vi siamo grati.
Diceva Vittorio Bachelet che l’associazione deve «essere in questa società incerta e inquieta […] una forza di speranza e perciò una forza positiva capace di costruire nel presente, per l’avvenire». Nel presente, per l’avvenire, il primo aiuto che l’associazione può dare è quello dell’affetto, della preghiera, della vicinanza, e sappiamo che questo aiuto non c’è nemmeno bisogno di chiederlo! Grazie!
Rispondi