di Luigi Alici
La foto di Aylan Kurdi, il bimbo siriano di tre anni trovato ormai senza vita sulla spiaggia di Bodrum, ha fatto il giro del mondo e non è il caso di riprodurla ancora una volta. La morte di un essere umano è sempre una ferita, anche quando giunge al termine di una vita sazia di anni. La morte di un bimbo rappresenta un’aggravante atroce, che grida vendetta al cospetto di Dio, almeno per due ulteriori motivi: anzitutto perché è una morte inequivocabilmente innocente, sulla quale non pesa nemmeno un’ombra di male; secondariamente perché contiene un volume di attese legittime e di promesse violate, che rendono quella morte assolutamente ingiusta. La giustizia fa sempre la differenza fra una morte buona e una cattiva, e l’assenza di pietà rende insopportabilmente straziante tutto questo. L’enfasi mediatica, in questi casi, non è mai troppa, è anzi sempre troppo poca.
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