di Gilberto Borghi
Da lungo tempo. Cristian è da lungo tempo uno dei “belli” della scuola. Un “bonazzo”. E da lungo tempo chiacchiera piacevolmente delle sue cose con me. Alto, biondo, viso buono, ma da uomo, bel fisico, allegro, simpatico. Le ha tutte. Al suo passaggio molte si “squagliano”, soprattutto le primine. Lo sa, e ne gode, sì, ma in fondo, un po’ questa cosa lo sta stancando. “Vabbè, prof., quando esco con una so già come va a finire. In fondo, poi, sono tutte uguali… Non dico che sia noioso, certo, però non c’è più nemmeno la sorpresa”.
Da un po’ meno tempo, circa un anno, nella sezione accanto è arrivata Sophia. Sedici anni, uno meno di Cristian, mora, mediterranea, intensa, occhi grandi, un po’ spaventati dagli occhi degli altri che spesso non possono non fermarsi sul quel viso, così penetrante, così difficile da “schivare”. E ovviamente Cristian l’ha già nel mirino. Ancora da febbraio scorso ha iniziato un’azione di avvicinamento avvolgente, ma prudente, quasi clandestina, persino per lui stesso. Ma i risultati tardano a venire. A maggio scorso: “Prof., mamma mia, è così spagogna (termine romagnolo che traduce il sapore aspro della prugna acerba in bocca). Non si apre proprio, prof. Mai una parola in più, mai un sorriso gratuito, mai uno sguardo”. Poi le vacanze.
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