Se dopo cinque anni di ora di religione cattolica, una mia studentessa si trova a casa nel buddhismo devo dire che ho fallito o che ho centrato l’obiettivo?
Stranamente questo lunedì è arrivata prima. Di solito entra in aula non prima delle 8 e 10. Oggi, invece, sono le 8 appena ed è la terza ad arrivare. Gloria mi ha sopportato per cinque anni. La prima ora della prima mi disse: “Io non ho voglia di fare religione, ma mia madre mi costringe”. Accolsi la sua lamentela dicendole che aveva diritto di far valere la sua scelta e che io non avevo nessuna intenzione di obbligarla ad una cosa che non voleva. Forse riconosciuta, o tranquillizzata, se ne stette tutto l’anno a decidere, dandomi il minimo sindacale. Ma sentivo che, al di là del suo atteggiamento, aveva delle domande aperte, che infatti lentamente vennero fuori in seconda. Però di fronte ad ogni risposta che sottolineava l’amore di Dio per gli uomini, la sua reazione era sempre di sfiducia e indisponibilità. Così lentamente avevo capito che Gloria cercava altro, un altro tipo di risposta che fosse più capace di sintonizzarsi su ciò che lei sentiva di sé stessa.
Questo lunedì arriva verso la cattedra sorridendo. I suoi profondi occhi neri, spesso inquieti, segnano invece una nota nuova. Mi mette sulla cattedra un librettino azzurro, senza titolo. E mi dice: “Prof. lo sa cos’ è questo?”. Lo sfoglio e scopro, con un po’ di sorpresa, che è un piccolo manuale per la meditazione buddhista, secondo la “rilettura” di Nichiren Daishonin. “E’ un libro di preghiere Buddhista”, le dico. “Esatto prof. sono stata ad un incontro a Bologna. Una roba splendida!”
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