di Alessandro d’Avenia
Voglio augurarvi un buon inizio di attività ordinarie che io ricomincerò con un segreto che mi ha insegnato Giulio, il mio nipotino di quasi 5 anni. Quest’estate disegnava continuamente mappe del tesoro, tesoro che puntualmente andavamo a nascondere nel posto segnalato da una X. Tutto questo era preceduto da una richiesta: “Zio, andiamo a fare una esplorazione?”. Si trattava di passeggiate in zone più o meno selvagge vicino al mare o nella campagna, esplorazioni costellate di domande e di perché. Come una spugna Giulio divora ogni cosa e scopre un tesoro in ogni dove. Così voglio fare anche io, quest’anno. Esplorare ancora. Cose e persone. E scovare un tesoro, in ogni dove.
Nella città in cui vivo, alla velocità di una bicicletta, su un muro costellato da sfoghi, ho letto: “il futuro non è più quello di una volta”. Ho immaginato chi, complice la notte, ha verniciato quel tormento, lo stesso racchiuso nelle migliaia di lettere che ricevo dai lettori dei miei romanzi.
La parola che vorrei salvare è proprio “futuro”. Ripetiamo ossessivamente le parole di quel che perdiamo. La parola futuro è sulla bocca di tutti, proprio perché forse tra un po’ ce ne resterà solo il suono. E senza questa parola ne sparisce un’altra che ci illudiamo sia più al sicuro: presente.
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