Sacco di veleni


di Michele Marangon per http://corriere.it

saccowondleROMA – Insetticida nell’acqua. E migliaia di persone si ammalano. Accade nella Valle del Sacco, a sud di Roma, dove da oltre vent’anni gli effetti dell’inquinamento ambientale – iniziato un secolo fa con la nascita dell’industria bellica nella zona di Colleferro – vengono monitorati scientificamente. I dati dell’ultimo condotto su 502 persone appartenenti a 183 famiglie diverse nell’area del fiume Sacco rivelano una preoccupante insorgenza di patologie gravi: alterazione del metabolismo e delle funzionalità epatica e renale, alterazioni cognitive, alterazioni degli ormoni sessuali nelle donne, alterazioni cardiovascolari. Sono gli effetti dell’inquinamento delle falde acquifere seguito all’interramento di bidoni contenenti sostanze tossiche nel comprensorio industriale di Colleferro. Uno dei tanti casi di attentato all’ambiente e alla salute pubblica che hanno portato ad un processo penale ripartito nel novembre 2012 dopo un’eccezione per vizio procedurale.

IL CASO DEL BETA HCH – Coordinato dal dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio, l’ultimo programma di monitoraggio è stato completato tra il 2010 ed il 2013 . Obiettivo degli esami clinici era verificare gli effetti della contaminazione ambientale sulla salute dei cittadini che risiedono a ridosso del fiume in cui scorrono i veleni derivanti da un secolo di insediamenti industriali. E’ emerso che la maggiore concentrazione di beta-esaclorocicloesano (il Beta Hch, sottoprodotto di un insetticida bandito in Italia dal 2001) si è riscontrata in soggetti con più di 40 anni che avevano bevuto l’acqua dei pozzi e consumato verdura fresca di produzione propria o locale. Sui danni alla salute, arriva la conferma sui pericolosi effetti dell’inquinamento idrico. La concentrazione nel sangue di β-HCH aumenta con l’età e diventa ancora più alta tra le persone al di sopra dei 70 anni. Il valore ematico del β-HCH è doppio per coloro che hanno vissuto nell’area per più di 40 anni.

LA MORTE DEL BESTIAME – Nel marzo 2005 – con la morte di alcuni capi di bestiame, cui fece seguito l’abbattimento precauzionale di centinaia di animali – è stato riconosciuto lo stato di emergenza ambientale per la valle del fiume Sacco, nato dal ritrovamento di elevati livelli di beta-esaclorocicloesano in campioni di latte di un’azienda agricola. E’ stato accertato un inquinamento ambientale di ampia estensione legato alla contaminazione del fiume Sacco da discariche di rifiuti tossici di origine industriale a cui sono stati esposti gli animali di interesse zootecnico e la popolazione.

METODO ED ESITI – Nel 2009, la Regione Lazio commissionò un programma di «Sorveglianza sanitaria ed epidemiologica della popolazione residente in prossimità del fiume Sacco» che prevedeva il monitoraggio biologico della concentrazione di beta-hch nel sangue e la valutazione degli effetti sulla salute nei residenti in prossimità del fiume Sacco (entro un chilometro ), con controlli periodici. Tra il 2010 e il 2013, la prima fase della sorveglianza. Oggi sono disponibili i dati. Le analisi hanno riguardato la funzione midollare, proteina C reattiva ( indicatore di una infiammazione, ndr), l’assetto lipidico e glicemico, la funzionalità epatica e renale, gli ormoni sessuali oltre a tutta una serie di esami neurologici. I risultati di questo studio mostrano una chiara associazione tra livelli ematici di beta-hch e metabolismo dei lipidi, funzionalità renale, regolazione degli ormoni sessuali nelle donne, livelli di cortisolo ematico, e stato cognitivo.

ALIMENTI AVVELENATI – Il rapporto spiega che «si può facilmente ritenere che la catena alimentare sia stata la principale fonte di contaminazione: la verdura irrigata con acqua contaminata, gli animali che pascolavano su terreni contaminati e che venivano nutriti con alimenti e acqua a loro volta contaminati. Il rischio legato al consumo di cibo prodotto nell’area è stato dimostrato in uno studio precedente ed è confermato in questo studio sia dal modello che ha considerato tutta la popolazione sia dal modello che ha considerato separatamente i gruppi di età, con maggiore chiarezza tra i giovani».

LE CONCLUSIONI – Come si legge nelle conclusioni del rapporto di sorveglianza: «Sono stati messi in evidenza livelli significativi di beta–hch in una popolazione nota per essere stata esposta a tale inquinante, prevalentemente attraverso alimenti e bevande. I dati emersi dalla sorveglianza sanitaria hanno permesso di mettere in luce alcuni effetti biologici. Sono state osservate perturbazioni del pattern lipidico, della funzionalità renale e della steroidogenesi, interessando anche gli ormoni sessuali nel sesso femminile. É stata osservata infine una chiara associazione con alterazioni cognitive. La possibilità che alla esposizione a beta–hch segua un danno biologico di diversi organi ed apparati – spiega il rapporto – è suffragata dai risultati di questo studio, anche se le conclusioni generali sono necessariamente caute nell’indicare l’esistenza di un nesso di causa ed effetto».

PARTE IL FOLLOW UP – «La metodologia dello studio e i suoi risultati meriteranno sicuramente una valutazione attenta della comunità scientifica – spiegava il rapporto medico epidemiologico – nei prossimi mesi e la materia si gioverà di un attento follow-up ambientale e clinico della popolazione già coinvolta e di altre popolazioni del comprensorio che hanno subito una esposizione alla sostanza tossica». Nel marzo 2013 è iniziato infatti il primo follow-up tra i residenti lungo il fiume che prevede la ripetizione di tutti gli esami di laboratorio già eseguiti e una batteria di esami strumentali per la diagnosi di patologie cardiovascolari (visita cardiologica, elettrocardiogramma, misurazione della pressione arteriosa, eco-doppler delle arterie carotidee).

SERVONO ALTRE ANALISI – Come rimarcano gli attivisti della Rete di Tutela Valle del Sacco: «Le conclusioni del rapporto confermano quindi che le sostanze prodotte dall’interramento dei fusti tossici nel comprensorio industriale di Colleferro hanno determinato una “acquisizione biologica del beta-hch”, in quanto il campione esaminato è abbastanza significativo. É opportuno che alla sorveglianza sanitaria seguano analisi aggiuntive su diossine, Ipa e Pcb (Idrocarburi policiclici aromatici e policlobifenili, ndr), al fine di verificare l’impatto sanitario per la presenza di impianti di incenerimento rifiuti e discariche senza dimenticare le possibili ricadute del recente incendio all’impianto di preselezione di Cdr in località Castellaccio a Paliano». A tal proposito, le analisi effettuate da Arpa Lazio hanno rilevato che ad Anagni, Paliano, Ferentino e Colleferro le concentrazioni «sono sempre notevolmente inferiori ai valori obiettivo, ovvero quei valori considerati per legge come da non superare».

 


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