Il talento. Parola ambigua che oscilla tra una specie di privilegio concesso a pochi fortunati da invidiare e un generico, fino a scomparire, dono che tutti abbiamo per il solo fatto di respirare. Vere, ma inutili, entrambe le interpretazioni.
Qualche giorno fa un ragazzo di 17 anni mi ha chiesto come fare a scovare il suo talento. Sono molti a scrivermi al riguardo, dato che ne parlo molto sul blog, nei libri (come sogno nel primo come coraggio nel secondo), articoli e incontri. Che cosa è questo talento, tanto in voga oggi grazie al seguito planetario dei “talent show” che lo riducono a quei 15 minuti di visibilità di cui parlava Warhol, confondendolo quindi con il successo di pubblico?
Dopo cinque anni di scuola con i miei ragazzi che, per continuità didattica, ho la fortuna (mia, non loro) di seguire dal primo anno alla maturità, posso dire con discreta certezza quale sia il loro talento: il loro modo di stare al mondo. Il talento è la forza di gravità che porta un uomo e una donna ad occupare il proprio posto nel mondo, perché è il suo modo unico e irripetibile di relazionarsi con il mondo (il creato, gli altri, Dio).
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