di Maria Piscitelli per http://www.educationduepuntozero.it
L’apprendimento non è lineare, è fatto di sbalzi in avanti e indietro e le vie per apprendere sono plurime. Lo studente, però, può trovare la propria via più agevolmente se il docente pratica una didattica contestualizzata, attenta alla metacognizione, all’operatività, alla cooperazione.
Il 31 ottobre 2012 è stato pubblicato su “Repubblica” un articolo di Marco Lodoli (“La fine dell’umanesimo”), che pone il problema relativo alla difficoltà di insegnare a giovani sempre più demotivati e poco disposti ad apprendere. L’articolo, che si apre con queste affermazioni: “Noi insegnanti parliamo di autori e temi che ai giovani sembrano polverosi e malinconici”, prosegue con la testimonianza di una professoressa che esprime il proprio rammarico nel constatare che quando entra in classe e comincia a spiegare, subito si accorge che nessuno l’ascolta: ”Nessuno. Capisci? E così per giorni, mesi, forse per tutto l’anno“. Di fronte a quest’amara situazione la professoressa prova un senso d’impotenza e di fallimento, tanto che le sembra di essere invisibile, di non esistere.
“Perché accade questo?” si chiede l’autore dell’articolo. Perché ai ragazzi “non arriva più niente di tutto quel mondo che ha ospitato e educato generazioni e generazioni?”. Perché per la stragrande maggioranza dei giovani il patrimonio culturale del nostro Paese non significa più niente?”. Tutto ciò accadrebbe, secondo Lodoli, perché la cultura umanistica ha concluso il suo ciclo, è finita, si è esaurita… […].Tuttavia “questo dichiarato disinteresse per la tradizione”, conclude Lodoli, “non è detto che sia una pura sciagura. Il mondo cambia di continuo. […] I nostri ragazzi leggono altri libri, ascoltano altra musica… non dobbiamo solo rimproverarli perché non conoscono Cechov o Debussy. Dobbiamo invece assolutamente capire dove stanno andando”.
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