di Marco Bussagli
Cinque secoli fa Michelangelo terminava di dipingere la volta della Cappella papale, salutato dal Vasari come artista divino.
Ecco, domani saranno cinquecento anni precisi da quel 31 ottobre 1512 quando Paride Grassi – latinizzato in Paris Crassus Bononiensis, cerimoniere pontificio di papa Giulio II, succeduto al vecchio Burcardo nel 1504 –, poteva annotare: «Hodie primum capella nostra, pingi finita, aperta est». Come si sa, la capella nostra era la Cappella Sistina («nostra» in quanto papale) che era stata riaperta al culto ed alle cerimonie ufficiali «oggi per la prima volta» (primum hodie) giacché pingi finita. Infatti, dopo quattro anni (1508-1512) la volta è «finita d’esser dipinta» da Michelangelo. Si noti che il termine «volta» non compare e si parla, invece, di «cappella», come se ad esser stata affrescata fosse stata tutta l’aula. Non si pensi ad una svista; è che l’aspettativa per il capolavoro del grande Buonarroti, era così grande che la cappella s’identificava con la volta toutcourt. Del resto, è proprio quel che succede ancora oggi: quando si dice «la Sistina», nella maggioranza dei casi, almeno che a parlare non sia uno specialista, s’intendere la volta che da tutti è considerata l’affresco più importante fra quelli che decorano l’interno dell’edificio.
Continua qui la-sistina-lucerna-darte-verso-il-v.html
e qui altre info sulla Sistina la-parola-dipinta
Scopri di più da Pietroalviti's Weblog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
Lascia un commento