Il quotidiano Avvenire ha dedicato una serie di articoli al tema della bocciatura.
È più una colpa personale della quale è giusto dover rispondere o un’ingiustizia dovuta a una serie di concause per le quali gli studenti diventano vittime? Insomma, bocciare a scuola è sempre legittimo o può essere una decisione sbagliata che rischia di “allontanare” i ragazzi? E gli studente che non si impegnano e che raccolgono soltanto insufficienze, sono “peccatori” colpevoli, come ha provocatoriamente tuonato un parroco del Padovano? E ancora: è giusto scuotere con parole anche molto forti adolescenti distratti da altre priorità? Oppure questi ragazzi sono soltanto persone in difficoltà che vanno capite e aiutate? Ecco opinioni contrapposte che però hanno una comune preoccupazione: la crescita di studenti che sui banchi di scuola imparino a disegnare e a realizzare un progetto di vita e non solo un rendimento didattico accettabile. Perché i giudizi possono essere più o meno severi, ma quel conta davvero è la crescita integrale delle giovani generazioni e il processo educativo che stanno attraversando.
Perché è un errore Ma dietro quei brutti voti c’è un concorso di cause
di Sandro Lagomarsini
Un parroco veneto tuona dal pulpito contro i bocciati, additati come peccatori verso sé e verso gli altri. Ferdinando Camon su questo giornale approva la predica padovana e ne spiega il valore positivo. L’«anàtema» mi ha lasciato perplesso, l’interpretazione non mi ha convinto. Mi pare che il richiamo assomigli al grido “Abbasso il vizio, viva la virtù”, e dunque a quelle medicine a spettro largo che lasciano indisturbati tanto le cause come i sintomi delle malattie. Presumo che il parroco padovano parlasse solo degli studenti delle superiori. Fin qui nessun novità. Anche la “Lettera a una professoressa” afferma: «Alle superiori bocciate pure…». Il messaggio però non giunge chiaro all’opinione pubblica. Da sempre le bocciature sono percepite da un popolo di ex-analfabeti come la prova di una scuola “seria” e di una selezione fatta in base a capacità, merito e impegno. Si aggiunga che l’ultima riforma, targata Gelmini, ha messo nelle mani degli insegnanti uno strumento brutale di selezione (la sufficienza necessaria in tutte le materie) che può essere usato fin dalla prima elementare. Ne sanno qualcosa i cinque bambini bocciati a Pontremoli e le migliaia di preadolescenti di prima e seconda media inferiore bocciati in tutta Italia. Peccatori in erba anche loro? Si dirà che una bocciatura alle superiori non è una tragedia e che può essere un richiamo severo ma giusto. E tuttavia c’è anche qui da discutere. Il protagonista del racconto “Le ostriche di San Damiano” ringrazia il professor Alfredo Panzini che, bocciandolo, gli ha permesso di intraprendere una fortunata carriera di ristoratore. Proprio quel professore, giudicandolo «un’ostrica» impermeabile ai richiami di un sapere «superiore», aveva fatto la sua fortuna.
Ma quei tempi sono passati. L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) dice che le bocciature non fanno una scuola migliore. Il parroco padovano dispone di altri dati? Ne dispone Camon? Ho passato una vita a occuparmi di ragazzi appartenenti a quel 17 per cento che la scuola abitualmente perde per strada. Molti di loro, arrivati ai 18 anni, mi dimostravano che a scuola avevano sempre mangiato paglia insipida e spesso indigesta. Oggi vedo ragazzi che a 12, 10, 8 anni sono vittime di una didattica impersonale, tutta schede pre-strutturate, quesiti anonimi, esercizi e prove senza sprazzi creativi e umanità.
Ma, a parte la situazione attuale della scuola, ho sempre diffidato di una classificazione di meritevoli e di reprobi basata su meriti e demeriti individuali. Come ignorare che dietro il successo scolastico dei ragazzi c’è quasi sempre l’appoggio (e le “levatacce”) di padri e madri, più il coinvolgimento di compagni solidali? Perdere un anno è il segno di un fallimento. Ma ne è responsabile solo il ragazzo? Esiste, a mio parere, una alternativa per il dito puntato. Offriamo serate di studio comunitario al posto delle discoteche, corsi di approfondimento collettivo al posto dello “struscio” serale, ripassi condivisi con i “lenti” al posto dell’ambizione di primeggiare. Offriamo “Corazzate Potemkin” e “Battaglie di Algeri” al posto di “Grandi Fratelli”, in spregio ai qualunquismi anticulturali fantozziani. Poi rifacciamo i conti e vedremo che certe sferzate non sono adatte a questa età della crescita e alla complessità del contesto in cui si svolge. Ultima osservazione: utilizzare un’interpretazione “borghese” (e falsa) della parabola dei talenti, significa introdurre nella discussione un ulteriore elemento di confusione, che col Vangelo non ha nulla a che fare. P.S. Camon è un amico e non si offenderà.
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