di Maurizio Cerroni*
Mio padre. Luigi Cerroni. Martiri del lavoro!

22 ottobre 1922. Quest’anno ricorrono i 100 anni dalla nascita di mio padre.
Per i figli è sempre un dovere ricordare i propri genitori perchè quando parlano i ricordi loro continuano a vivere. Per me c’è un obbligo morale in più nel ricordarlo, per il solo fatto della tragica morte di mio padre avvenuta cinquanta anni fa sul lavoro. Inizialmente avevo pensato di fare una nota; poi tanti erano i ricordi, il dolore, la commozione, che ogni volta che provavo a scrivere non trovavo le parole. Recita una canzone di De Gregori: “Noi siamo quelli che restano in piedi e barcollano su tacchi che ballano”.
Nella mia attività lavorativa, e anche come amministratore pubblico consiglio Provinciale e nelle istituzioni elettive, ho cercato sempre di sensibilizzare e promuovere – assieme alla associazione AMNIL – iniziative mirate alla formazione e alla prevenzione degli infortuni sul lavoro. I morti sul lavoro,dei veri martiri, vanno ricordati, onorati, e va portato rispetto verso tutte le famiglie colpite nel corso dei decenni da una tanto grave forma di lutto. Alcuni anni fa, nel 1996, questi motivi portarono l’amministrazione comunale di Ceccano (nel periodo nel quale ero il Sindaco della città), a realizzare un monumento dedicato a tutti i martiri del lavoro. Il monumento fu inaugurato alla presenza di tante autorità, ma il mio ricordo va alle centinaia di persone che parteciparono. Qualche anno dopo, nel dicembre del 2007, l’allora Sindaco, Antonio Ciotoli, pose una lapide di marmo con i nomi dei caduti.
Ancora è vivissimo in me quel ricordo. Conservo gelosamente la medaglia, importante riconoscimento in memoria dei caduti sul lavoro, e la pergamenta che venne consegnata nelle mani di mia madre così come di altre vedove e orfani dei caduti sul lavoro! Nel corso degli anni, davvero tante sono state le iniziative a cui si è dato vita su questo tema, a partire da quelle promosse dal già Sindaco di Ceccano, Angelino Loffredi, con la posa dei garofani rossi sotto la stele di marmo nella ricorrenza del 1 maggio. Però, andrebbe ricordato a tutti che la giornata Nazionale vittime sul lavoro va celebrata, ricordata civilmente da parte dei Comuni, Province, Regioni, nella data del 9 ottobre. Purtroppo, in molti casi non si ricorda con il modo dovuto e con il necessario rispetto che meritano tutte le vittime del lavoro. Non ricordare è una grave colpa, visto che il fenomeno è ancora dolorosamente presente e le morti sul lavoro sono costantemente in crescita. Il sindacato e le istituzioni devono combattere, impegnarsi, denunciare, investire sui controlli, obbligando le imprese ad investire sulla sicurezza e la salute delle persone sul lavoro.
Eppure, quando le cose sembrano cadere nell’oblio arrivano buone notizie.La Cgil provinciale di Frosinone, il 21 dicembre 2022, ha deciso di ricordare mio padre a 100 anni dalla nascita con una targa affissa presso la sede della Cgil di Ceccano, nel corso di una iniziativa che ha visto la partecipazione dei segretari Provinciali Cgil Frosinone /Latina: Gioia, Moretti, Tomassi. Intanto a nome della mia famiglia, e insieme alle mie sorelle Pina e Rosa, voglio rivolgere un ringraziamento di vero cuore alla Cgil provinciale di Frosinone per l’iniziativa promossa in ricordo di nostro padre. In questi lunghi anni ho avuto la possibilità di incontrare tante persone, compagni di lavoro che avevano conosciuto mio padre, e da tutti ho avuto il riscontro che era un gran lavoratore e una persona buona. Questo è un ricordo che noi, figli e parenti, preserviamo. Nostro padre è stata una persona buona e rispettata. Mio padre, nato in una famiglia di 4 fratelli e 3 sorelle, in una famiglia contadina, figlio di Cerroni Giuseppe e Loffredi Angela ha poi sposato mia madre, Masi Teresa, ed è stato padre di tre figli, Giuseppina, Maurizio, Rosa. Mio padre, come gli altri fratelli, ha avuto la forza di cambiare. Prima di tutto la loro condizione. E Roma é stata una grande occasione. Certo era duro fare il pendolare, ma li c’era lavoro. E questa è la storia comune di migliaia di Ceccanesi. Il fenomeno del pendolarismo, verso la capitale. Iniziò a lavorare con l’impresa elettrica SCAC che operava tra il Molise e l’Abruzzo subito dopo la guerra, occupandosi della costruzione di linee elettriche palificazione, elettrodotti. Insomma, lui e i suoi colleghi erano uomini che lavorano a decine metri di altezza dal terreno, andando in alto con grandi staffe ai piedi, come angeli, buttando le spalle nel vuoto e alzano le mani in cielo. Un lavoro speciale. Ancora oggi se penso a mio padre continuo a vedere così, in alto su i grandi tralicci, spalle nel vuoto e mani verso il cielo; lì da solo, lo immagino felice e sereno, libero. In seguito venne assunto dalla S. R. E. L. Società Romana Elettrica Lazio. Nel corso della sua vita ha partecipato a tanti scioperi per la Nazionalizzazione Elettrica. Finalmente, nel 1963 nacque Enel. Nello stesso anno venne assunto in questa neonata azienda statale Enel. Pendolare per quasi tutta la vita nella città di Roma. Lui, vissuto in una famiglia contadina socialista e antifascista, esternava liberamente le sue idee e quando serviva sottolineava il fatto che lui votava per il Partito Comunista Italiano, manifestando orgogliosamente la sua iscrizione e adesione al sindacato Cgil. Molti ricordi mi tornano alla mente dai suoi racconti di lotte, di scioperi, di fatica, di lavoro e nuove conquiste. Ancora, parlava spesso di sindacato e di quei sindacalisti che arrivano sul posto di lavoro nella pausa pranzo e condividevano “pane e companatico”, in particolare modo ricordava di quel sindacalista comunista detto il rosso per il colore dei suoi capelli: Paolo Ciofi. Quindi, mio padre fu trasferito a Frosinone nel 1971 presso Enel Zona di Frosinone.
L’8 maggio del 1972, durante la posa di un cavo elettrico, cadde da un balcone. Trasportato a Frosinone le sue condizioni apparvero subito gravi, gli venne diagnosticato un trauma cranico e venne trasferito presso l’ospedale Gemelli di Roma, dove l’11 maggio, a soli 50 anni, assistito da mia madre, mio padre cessò di vivere. E’ vivo in me un ricordo indelebile, quello dei suoi funerali nella Chiesa di Santa Maria a Fiume, con la bara uscita dalla chiesa e portata in spalla dai tanti colleghi di lavoro, con il corteo funebre che attraversò tutta la città di Ceccano sino al cimitero. La storia di mio padre è la storia di tanti operai che alzavano la mattina per andare a lavoro e non hanno fatto più ritorno. Se un giorno, in qualsiasi luogo, qualcuno si ricorda di” loro” è una cosa buona e giusta. Ricordare i martiri del lavoro é anche un monito verso “tutti”, perchè non si può morire di lavoro!
C’è una poesia bella e struggente di P. Neruda, che mi torna spesso alla mente: il Padre….
la mia vita sotto il sole trema e si allunga….
Padre, i tuoi dolci occhi non possono nulla,
come nulla poterono le stelle.
Padre
Ascolterò nella notte le tue parole!
*già sindaco di Ceccano
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