Una duplice sensazione ti coglie quando cammini accanto a quelle tombe, piccole come piccoli erano i cadaveri dei bambini che vi furono sepolti: da una parte la tenerezza che è suscitata da quelle foto, da quelle cuffie, da quei nastrini, quei visetti messi in posa dai genitori per una foto, a volte di bimbi già morti… Dall’altra, la consapevolezza di quanti erano i bambini che morivano per malattie che oggi non spaventano più ma che a metà del secolo scorso ancora falcidiavano le famiglie, per cui la morte dei bambini era la normalità, non l’eccezionalità, come è invece considerata oggi. Sono tutte allineate lì quelle piccole tombe, risalenti in gran parte agli anni 50: la malnutrizione, la guerra con i suoi terribili residuati (ci sono anche i bambini uccisi da una bomba nel dicembre del 1951, vittime della guerra dopo 7 anni dalla sua conclusione… ndr.) le malattie e, soprattutto, l’ignoranza. Nato e morto, nato e morto… come una lunga, tragica eco di anni che non ricordiamo più. Quelle tombe sono la testimonianza di un periodo che i nostri genitori e i nostri nonni hanno vissuto e da cui sono usciti con il loro impegno e la loro volontà. Ora quelle tombe rischiano di scomparire, travolte dalla fame di spazio che la moda sconsiderata di cappelle, sempre più gigantesche e spesso di cattivo gusto, alimenta continuamente. Ne sono rimaste poche, appoggiate al muro: salviamole, come testimonianza di quel periodo e come ricordo di quelle piccole anime…




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