di Giacomo Gambassi
«Si inaugura oggi la nuova forma della liturgia in tutte le parrocchie e chiese del mondo». Era il 7 marzo 1965 quando, in occasione dei 25 anni della morte di san Luigi Orione, Paolo VI presiedeva la prima Messa in italiano nella parrocchia di Ognissanti a Roma. Un «avvenimento», come lo definì Montini nell’omelia, che era la traduzione nel concreto della riforma liturgica scaturita dal Vaticano II con la CostituzioneSacrosanctum Concilium. «Di fronte a quella celebrazione la gente si commosse perché vide un grande passo che la Chiesa compiva verso di loro», spiega monsignor Pierangelo Sequeri, preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. E aggiunge: «Si ebbe l’esatta percezione che la Chiesa, senza tradire la tradizione, metteva i credenti in contatto diretto con azioni e parole che sono un’anticipazione alla liturgia celeste».
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