Benvenuti, la mia fortuna è stata la famiglia

Nino Benvenuti a tutto campo: devo ringraziare i miei genitori che mi hanno educato al senso di responsabilità, mi hanno insegnato la fede, mi hanno spinto a studiare, a sacrificarmi per ottenere un risultato. Così Nino Benvenuti, il grande campione della boxe, medaglia d’oro a Roma alle Olimpiadi del 60 e più volte campione mondiale, idolo di tante generazioni di ragazzi, ha spiegato  i motivi del suo successo, in un incontro, sabato 14 giugno,  pomeriggio al castello dei Conti di Ceccano. Non era venuto a parlare di boxe e di sport ma di profughi giuliano-dalmati: anche lui infatti dovette abbandonare le terre d’Istria nel 46, anche lui dovette subire il dramma dell’esilio e soprattutto della non accoglienza da parte del resto dell’Italia, che considerava gli Istriani come dei fascisti. Le associazioni Al centro del fiume e Ars est vita, con l’organizzazione di Diego Protani, l’avevano invitato per presentare appunto il libro L’isola che non c’è, in cui Benvenuti racconta proprio dei primi anni della sua giovinezza. Ma io ho perdonato – ha detto Benvenuti – ho perdonato e non ho odiato, perché l’odio danneggia soltanto chi odia, l’odiato neppure se ne accorge: avrei avuto tutte le ragioni per odiare chi mi aveva preso la casa, chi mi ha considerato per anni un profugo scomodo invece che un italiano bisognoso di essere aiutato. Ma l’educazione che ho ricevuto dalla mia famiglia, la mia fede mi hanno insegnato a perdonare e io sono capace  di farlo. Vedete  – ha detto Benvenuti ai numerosi intervenuti – io sono un uomo molto fortunato, ma non perché ho avuto successi straordinari nello sport, ma perché ho avuto una famiglia che mi ha insegnato a vivere.  Poi la boxe ha preso il sopravvento e Benvenuti ha parlato dei suoi epici scontri con Emile Griffith al Madison Square Garden di New York