di Alvaro Metalli
«Ero seduto accanto a lui, era alla mia destra e ci si scambiava qualche piccola meditazione, a bassa voce, all’orecchio…». Inizia così, come un filmato in presa diretta il racconto di un altro protagonista del Conclave che ha eletto il primo Papa latinoamericano della storia, un cardinale anch’egli di questa parte del mondo, Claudio Hummes, arcivescovo emerito della più grande diocesi del Brasile, e forse del mondo, San Paolo. Uno di fianco all’altro, come avveniva già da molto tempo, nel conclave del 2005, nei sinodi dell’ultimo decennio, nelle liturgie solenni, appaiati da quel criterio inesorabile che è l’età. «I voti convergevano su di lui; era molto introiettato in quel momento, silenzioso. Gli ho fatto qualche commento sulla possibilità che potesse raggiungere il numero necessario per diventare Papa. Quando le cose sono cominciate a essere un po’ più pericolose per lui l’ho confortato. Poi c’è stato il voto definitivo, ed è iniziato un grande applauso. Il conteggio è proseguito sino alla fine, io però l’ho abbracciato subito e baciato. E gli ho detto quella frase, “non ti dimentichi dei poveri”. Non avevo preparato niente, ma in quel momento mi è venuto dal cuore, con forza, di dirgli così, senza rendermi conto di essere la bocca attraverso cui gli parlava lo Spirito Santo. Lo ha detto lui che quelle parole gli sono entrate dentro con forza, che è lì che ha pensato ai poveri, e gli è venuto alla mente il nome san Francesco».
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