di Gilberto Borghi
Un’opera teatrale di solito si compone di tre atti. Questa pure. Anche se la finzione teatrale qui lascia il passo alla realtà.
Primo atto. Sto interrogando in una terza. Una delle ragazze alla cattedra, Linda, mentre riflette sulla mia domanda, fissando il muro dietro le mie spalle in attesa di ispirazione, esclama: “Non c’è più il crocifisso!, prof, hanno rubato il crocifisso!” “Ma che stai dicendo Linda?”, le dico. “Sì, prof. si volti, non c’è, è rimasto solo il chiodo, eppure sono sicura che la settimana scorsa c’era!”. A dir la verità io non avevo fatto caso che fosse sparito. Mi volto, ed in effetti il chiodo è vuoto. Le dico: “Ma come fai ad essere sicura che c’era?”. “Eh, venerdì nella verifica di matematica non ne sapevo mezza e l’ho guardato due volte nella speranza che qualcosa mi venisse in mente”. “Davvero Linda?”, le chiedo. “Si, prof, non si sa mai, quando non so nulla mi attacco a tutto. È per questo che mi da fastidio che non ci sia più”. “Beh, dispiace anche a me – le dico – ma non penso che ci dovrebbe stare solo perché funziona come un corno antisfiga o un ferro di cavallo”. Dalla classe Luca salta su: “La prof. di foto, in laboratorio, ha fatto una tirata perché lì il crocifisso c’è e lei non lo vuole”. “Fermi tutti – dico alla classe – devo finire di dare voti e il quadrimestre sta finendo. Non voglio aprire questa faccenda adesso”. E riprendo ad interrogare, decidendo di comunicare al bidello la sparizione del crocifisso, cosa che faccio appena finita l’ora.
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