di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti
L’incontro natalizio con gli ospiti degli Istituti Riuniti di Chieti, città della mia sede episcopale, era appena terminato. Le varie forme di disabilità, fisica o psichica, non avevano impedito a molti di loro di produrre un bellissimo spettacolo di canti e di danze. Intenso era stato poi il momento di preghiera vissuto insieme. Maria, una donna relativamente giovane e dal volto sereno, si è avvicinata timorosa, muovendo a fatica le gambe gonfie e pesanti, segnate dalla malattia da chi sa quanto tempo. “Padre, posso farti una domanda?”, mi ha sussurrato invitandomi a distaccarci un po’ dagli altri. “Certo”, le ho risposto, intuendo che si trattava di qualcosa di veramente importante per lei. Mi ha chiesto: “In cielo ci sono le scale?”. Ho colto il tremolio della sua voce e l’emozione del suo cuore. “In cielo”, le ho detto, “ci sono gli angeli per portarci in braccio, così da essere tutti vicini a Gesù”. Mi ha restituito uno stupendo sorriso. “Tutti”, le ho ribadito, “nessuno escluso”. L’ho lasciata felice. Dei due, quello che aveva ricevuto più luce ero senz’altro io. Poco prima, avevo detto ai cento quaranta ospiti ognuno con la sua più o meno grave disabilità: “Se Gesù dovesse nascere in questa città, sapete dove nascerebbe? Nell’Episcopio? No. In Cattedrale? No. Nel Municipio? No (e ho ammiccato al Sindaco che era presente). Gesù nascerebbe proprio qui, perché voi siete i suoi prediletti, quelli che ama in modo speciale. E se voi siete il Bambino Gesù, quanti si occupano di voi sono come il bue e l’asinello che riscaldarono il Piccolo appena nato. E i volontari che vengono a trovarvi sono come gli angeli che cantano in coro la gioia dell’amore sceso fra gli uomini”. Le lacrime spuntate sul volto di una delle ospiti, quella che più si era impegnata a cantare, mi hanno fatto capire che il messaggio era arrivato.
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