di Luigi Accattoli – Pubblicato dal “Corriere della Sera” del 19 febbraio a p. 13 con il titolo “L’età avanzata” e le radici filologiche della Riforma di Benedetto
Nell’atto di “rinuncia” di Papa Benedetto ci sono due parole chiave: “ingravescente aetate” (per l’età avanzata), che dicono da sole più di un intero discorso: sono infatti una citazione del contestatissimo “motu proprio” con cui
Paolo VI nel 1970 stabiliva i limiti di età per i cardinali della Curia Romana e per il Conclave. E’ una finezza linguistica per dire che è bene che i Papi riconoscano in qualche modo valida anche per sè la norma che fanno rispettare ai loro collaboratori.
“Esaminata la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata [ingravescente aetate], non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”: così ha parlato, in latino, Benedetto XVI l’11 febbraio. Le parole “ingravescentem aetatem” erano già presenti nel decreto del Vaticano II
“sull’ufficio pastorale dei vescovi” (1965) per invitarli a “rinunciare spontaneamente al loro ufficio” quando si vedessero “meno adatti a compiere i loro doveri”. E sono nel titolo del “motu proprio” di Paolo VI. Sono dunque parole tematiche da segnare in rosso.
Con quel documento Papa Montini stabiliva che i cardinali di Curia dovessero presentare “la rinuncia al loro ufficio” al compimento dei 75 anni e che tutti i cardinali perdessero “il diritto di entrare in Conclave” con il compimento degli 80.
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