Si ferma il processo contro gli inquinatori del betaesaclorocicloesano, la sostanza scaricata nell’ambiente dalla Snia Bpd di Colleferro e che in molti si ritrovano nel sangue. lo apprendiamo dal sito di Paese Sera in un articolo di E. Formisano
Tristemente famosa come uno dei siti più inquinati d’Italia, come l’Ilva di Taranto o Porto Marghera. E’ la Valle del Sacco. Una valle flagellata dal disastro ambientale dichiarato nel 2005.
Qui, tra Roma e Frosinone, è stata infatti scoperta nel latte dei bovini, ma anche nel fieno e nel mais prodotti da più di 50 aziende del posto, una sostanza tossica vietata in Italia dal 2001. E’ un pesticida molto potente, il beta-esaclorocicloesano noto meglio come lindano, prodotto dalla Snia Bpd, una azienda di Colleferro che produceva armi.
IL DISASTRO AMBIENTALE – I capi di bestiame delle aziende inizano a morire. E’ da qui che scatta l’allarme. E da qui iniziano ad essere effettuate le analisi che permettono di scoprire il contagio diffuso: campi, bestiame, latte, cibo. Una contaminazione che parte da molto lontano, negli anni 70’ e ’80 dagli stabilimenti chimici della Caffaro, specializzati proprio nella produzione del lindano, i cui scarti della lavorazione per decenni erano stati accatastati in alcuni depositi, a pochi metri dal fiume. Tutto fu compromesso dal lindano, presente in concentrazioni anche 2mila volte superiori ai limiti permessi dalla legge, che aveva raggiunto e inquinato le acque del fiume. Dalle analisi eseguite su alcuni cittadini si riscontrarono alti valori di cadmio, mercurio e piombo, rispetto ai valori normali di riferimento, sostanze responsabili dell’insorgenza di varie forme tumorali.
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