di Antonio Spadaro
Riporto qui di seguitoalcune mie note di lettura del volume di
Mauro Magatti, La grande contrazione.I fallimenti della libertà e le vie del suo riscatto, Milano, Feltrinelli, 2012.
Ho presentato il volume presso l’Istituto Sturzo di Roma il 5 luglio 2012 insieme a Emma Fattorini, Giulio Sapelli e Johnny Dotti.
Ho letto questo libro per aria, cioè andando e venendo dalla California e l’ho letto sul mio Kindle. Credo di essere stato fortunato per questo nel senso che La grande contrazione è un libro che si presta poco a una lettura tranquilla. Ha bisogno di un contesto che dia il senso del movimento, del passaggio, del limite e dell’orizzonte.
Ringrazio Mauro per averlo scritto perché raramente ho letto libri come questo che insieme son capaci di analisi attente e puntuali ma anche di visioni ampie, di grande respiro.
In un tempo come il nostro è facile perdersi nei dettagli della crisi ed è troppo facile non interrogarsi sulle motivazioni, sulle radici, sulle domande. Soprattutto è facile cadere nell’impressione (che è illusione) del novum. La novità di ciò che accade, soprattutto a livello tecnico-finanziario, rischia di oscurare l’«antichità» delle questioni in ballo. E nella crisi della società contemporanea, nuovissima per certi aspetti, è in gioco una cosa antica, cioè la libertà dell’uomo. Nel recuperare il bandolo della matassa Mauro è puntuale e rigoroso.
In realtà i fili del suo discorso sono molteplici. Il filo che ho trovato personalmente affascinante e che ho seguito con maggiore passione è quella del rapporto tra l’uomo e la tecnologia. Sono convinto che qui ci sia un nodo essenziale del nostro essere al mondo. Il nostro essere al mondo non può più prescindere (e forse mai ha potuto farlo) dalla tecnologia.
E, in compagnia di Heidegger, la riflessione filosofica contemporanea non può prescindere dal sospetto di una minaccia, quella di negare all’uomo il «raccoglimento», il ritorno a «un disvelamento più originario e di esperire così l’appello di una verità più principale» (Heidegger 1976, 21). Sembra ormai assodato che la tecnica sia contraria alla vita dello spirito o meglio segni la sua crisi segnando la pista di un individualismo neo-materialista. E’ davvero così?
Con Heidegger ci siamo abituati a distinguere il pensiero in«calcolante» e «poetante».Questa distinzione ha plasmato la nostra capacità di pensare l’homo tecnologicus come homo spiritualis chiudendo una ferita che invece doveva
restare aperta.
La tecnologia, scrive Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, «è un fatto profondamente umano, legato all’autonomia e alla libertà dell’uomo. Nella tecnica si esprime e si conferma la signoria dello spirito sulla materia». La tecnologia è, dunque, la forza di organizzazione della materia da parte di un progetto umano consapevole, dell’uomo come essere spirituale.
Continua qui tecnica-liberta-e-trascendenza-al-tempo-del-tecnonichilismo-la-grande-contrazione-di-mauro-magatti
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