Disturbi mentali, troppe medicine


(DIRE – Notiziario minori) Roma, 13 lug. – La pubblicazione del nuovo Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm), la cui quinta versione e’ prevista nel maggio 2013, e’ attesa in un “clima piuttosto rovente” fatto di polemiche, perplessita’, campagne e petizioni anti Dsm 5. In un’intervista all’Agenzia stampa Dire, Vittorio Lingiardi, professore ordinario in Psicologia Clinica presso la facolta’ di Medicina e Psicologia dell’Universita’ ‘La Sapienza’ di Roma, ha espresso la sua principale preoccupazione: “Temo che per alcune aree di disagio psichico, in particolare i disturbi della personalita’, il DSM 5 possa aumentare il gap tra realta’ clinica e categorie diagnostiche. I pazienti che vediamo nella realta’ clinica non sono dei prototipi costruiti attraverso ‘negoziati’ scientifici, sono persone reali”.

Secondo il direttore della Scuola di specializzazione in Psicologia Clinica de ‘La Sapienza’, “il Dsm 5 e’ un insieme di proposte diagnostiche, di cui alcune piu’ riuscite (per esempio la sezione sulla Disforia di genere) e altre meno (la sezione sulla personalita’). Cosi’- ha spiegato il professore- verso il Dsm 5 si e’ sviluppato un forte movimento critico, sia negli Stati Uniti che in Europa”. Nonostante tutto, questo Manuale, con l’International classification of diseases, rimane “il sistema diagnostico piu’ diffuso internazionalmente e- ha precisato Lingiardi- bisogna farci i conti nel bene e nel male”. Infatti, “alle spalle del Dsm 5 ci sono piu’ di dieci anni di dibattiti scientifici e clinici (l’edizione precedente e’ del 2000), ma anche di negoziati ‘politici’ tra sostenitori di diversi approcci, e di rapporti con le case farmaceutiche, i cui interessi sono legati al maggiore o minore ‘successo commerciale’ di una diagnosi”.

Con queste osservazioni “intendo dire che in una societa’ globalizzata- ha chiarito Lingiardi- la diagnosi e’ sottoposta a molti vincoli. Dobbiamo prenderne atto e, come addetti ai lavori, fare in modo che l’atto diagnostico, dalla sua ‘costruzione scientifica’ alla sua ‘formulazione clinica’, si svolga nel modo piu’ libero possibile da condizionamenti che non siano quelli della relazione clinica e della conoscenza psicopatologica”. In conclusione, lo psichiatra ha riassunto in cinque punti le principali critiche sul Manuale: – “eccessivo abbassamento delle soglie diagnostiche con conseguente aumento di individui che possono ricevere una diagnosi psichiatrica, e relativa medicalizzazione di soggetti non clinici”; – “inserimento di nuove categorie diagnostiche” dubbie, come la ‘sindrome psicotica attenuata’ (anch’essa infatti recentemente eliminata, dato lo scarso potere predittivo), o il ‘disturbo neurocognitivo lieve’, diagnosticabile nella maggior parte degli anziani; – “scarsa attenzione al peso dei fattori psicologici, sociali e culturali” nella genesi e nell’espressione dei disturbi mentali; – “eccessiva polarizzazione medico-organicista”, dal punto di vista sia teorico sia clinico; – la gia’ ricordata inadeguatezza della ‘revisione dei disturbi di personalita”, nonostante la promessa di una maggior attenzione agli aspetti dimensionali della diagnosi (cioe’ non solo la presenza/assenza di un sintomo o di un disturbo, ma anche la sua intensita’)”

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