Falcone, Borsellino, Puglisi. Per ragioni diverse la mia adolescenza è stata segnata da questi tre uomini e ne vorrei dare un ritratto diverso dal solito. Forse il mio ritratto sarà un po’ prosaico, ma credo che una loro collocazione nella poesia epica del renderli uomini straordinari, faccia sia a loro sia a noi un cattivo servizio. Preferisco la poesia della loro prosa quotidiana.
Conoscevo il primo (Falcone) solo perché casa sua era davanti allo studio di mio padre e quell’albero sul quale sbocciavano biglietti più che foglie lo guardavo tutti i giorni, e a volte non potevo fare a meno di fermarmi a leggere i messaggi che lo abbellivano, come frutti di una primavera di propositi nuovi.
Conoscevo il secondo (Borsellino) perché abitava vicino casa mia e frequentavamo la stessa parrocchia la domenica. Puntuale era lì, tutte le domeniche alla Messa del mattino.
Il terzo (Padre Pino) lo conoscevo un po’ meglio, perché era il professore di religione di alcune sezioni del mio liceo classico, il Vittorio Emanuele II.
Alessandro D’Avenia
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