«RICORDATI CHE SEI POLVERE»

La Quaresima è il tempo che ci prepara alla Pasqua: è il momento privilegiato dell’anno liturgico, in cui la Chiesa ci invita alla «penitenza», cioè alla presa di coscienza della verità dell’uomo e del senso del rapporto con Dio. «Ricordati che sei polvere!…»: è l’invito a riconoscere in noi l’umanità con tutti i limiti che essa comporta e che si configurano nella precarietà della situazione presente. L’uomo è fatto di «polvere». Che cosa significa? In 𝘎𝘦𝘯 2 Dio plasma l’uomo con la polvere della terra: essa indica che l’uomo è fragilità, è insicurezza, è povertà, è labilità, è morte. Ma ancora nello stesso passo si afferma che l’uomo nasce dalle mani di Dio: la sua incompiutezza fa parte del piano di Dio e quindi è carica di positività e di vita.
Di solito l’essere polvere richiama alla mente solo la realtà della morte; la Parola di Dio vuole dire di più: essere polvere significa sperimentare il fallimento delle nostre speranze, la frustrazione dei nostri desideri, la delusione dei nostri affetti, lo sfaldamento del nostro lavoro e dei nostri successi.
Ma Dio, che ci ha fatto dalla polvere, ci raccoglie nelle sue mani: se noi accettiamo di essere polvere, se, cioè, in questa condizione di povertà estrema siamo capaci di continuare a vivere la fedeltà alla sua parola e alla sequela di Gesù, che, passando attraverso il fallimento e la croce, è risorto, annunciamo che il Regno di Dio è degli umili, dei poveri e dei falliti.
CONVERTITI E CREDI AL VANGELO
La Quaresima per i primi cristiani era il tempo del catecumenato: il tempo della preparazione al battesimo, che si celebrava la notte di Pasqua, cioè il cammino della propria conversione a Dio.
La conversione è risposta a Dio che ti cerca e ti chiama nella tua situazione esistenziale e nella tua storia di ogni giorno; non ti chiama per strapparti ad essa, ma perché all’interno di essa passa la tua strada verso di lui.
Il Vangelo e la Tradizione della Chiesa propongono il cammino penitenziale attraverso tre momenti: il digiuno, l’elemosina, la preghiera (cfr 𝘔𝘵 6,1-18):
* Il digiuno è prendere coscienza del nostro limite e del nostro esser poveri. L’aver fame ti riporta alla tua verità e nello stesso tempo ti dà la chiarezza necessaria a prender le distanze da te stesso.
* L’ «elemosina» è il segno che ti fa riconoscere nell’altro la tua stessa precarietà: dunque ti fa uscire da te e ti fa incontrare l’altro in una dimensione di comunione.
* La preghiera è il mettere la tua povertà e la povertà degli altri davanti a Dio. Non è il digiuno che ti salva e nemmeno l’elemosina: la salvezza – attraverso il digiuno, l’elemosina e la preghiera – è riconoscere che Dio colma il nostro limite e dà senso alla nostra storia.
p. Giancarlo Pani, scrittore emerito de “La Civiltà Cattolica”
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