Il 12 febbraio 1980, sulle scale della Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza a Roma, le Brigate Rosse trucidavano Vittorio Bachelet, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, già presidente nazionale dell’Azione Cattolica. Ceccano gli ha dedicato uno dei grandi parcheggi della parte alta della città. Suo figlio, Giovanni, oggi professore ordinario di Fisica nella stessa università, durante la messa funebre, pregò per i suoi assassini, consentendo alla forza del vangelo di trasformare la tragedia della violenza spietata in un messaggio di misericordia. Lo ricordiamo con un intervento di Ernesto Preziosi, già vicepresidente dell’Ac.

“L’eloquenza di questa morte – disse Giovanni Paolo II nella omelia della Messa celebrata in San Pietro il 23 febbraio 1980 – consiste nella testimonianza”. Sulla vita di Bachelet sono comparse varie raccolte di scritti e qualche testo biografico e siamo in attesa di una biografia completa. Ciò che stupisce positivamente è che la sua morte, la sua testimonianza ha fatto scuola, ha suscitato domande profonde sul senso stesso della vita, ben oltre i confini del solo mondo cattolico; a volte la morte getta più luce nella testimonianza di un uomo di tante stagioni della vita. Per questo la vita e la morte di Vittorio Bachelet si pongono davanti al laicato cristiano come una singolare, luminosa testimonianza laicale. La sua vita lascia intravedere una maturità laicale cristiana che si riconosce in ogni situazione, dalla famiglia alla vita sociale passando per l’impegno di studio e professionale. Una testimonianza, semplice, vissuta nell’ordinarietà dello scorrere dei giorni, eppure in grado di parlare a quanti lo incontrarono e di parlare ancora oggi. Possa la sua memoria che rinnoviamo oggi, nell’anniversario della sua uccisione per mani delle Brigate rosse, illuminare questo scorcio di storia che viviamo.
per restare aggiornati
Rispondi