di Simone Esposito
I pantaloni di Davide e Daniele, negli stendini verticali che usiamo qui perché altrimenti ci servirebbero due ettari di casa solo per asciugare la biancheria, non ci vanno più. O meglio, ci vanno, ma occupano due piani dei quattro disponibili, esattamente come i vestiti miei e e della madre: troppo lunghi. È un po’ che ce ne siamo accorti, ma domenica sera tardi, mentre stendevo il bucato e Rita era di guardia in ospedale e i figli tutti a letto, mentre guardavo quello stendino ormai insufficiente al suo scopo m’è presa una paura sottile. Del tempo che passa, in un certo senso, ma soprattutto dello spazio che si restringe. La vita ci si allunga addosso giorno dopo giorno come quei pantaloni, si fa largo in quello che hai costruito, e occupa, si accumula, reclama attenzione, impegno: spazio, appunto. E m’è sembrato d’assomigliare un po’ allo stendino, con i calzini tutti azzeccati, e le lenzuola appese piegate a doppio, per lasciare campo a cose più grandi, più nuove. Mia madre, quando eravamo ragazzini e si arrabbiava per il disordine, ci diceva: fra un po’ per tenere la roba vostra usciremo noi di casa. Ora a me viene spesso il dubbio: qualcosa andrà perduto, o buttato? Ci starà tutto, impegni, doveri, promesse da mantenere, desideri, dolori, aspirazioni, meschinità, grazia? Ci starò ancora io? La risposta è: non lo so.

Ho continuato a stendere i pantaloni, allora, spiegazzando le mutande da un lato. E a un certo punto ho appeso una maglietta di Rita, una di quelle vecchissime, che io non so come fa ma addosso a quella donna incredibilmente non si consuma niente, e ogni tanto tira fuori dall’armadio una roba delle superiori che pare nuova e ancora le sta come fosse ieri. E col profumo di pulito della maglietta mi sono calmato. Poi stamattina presto sono andato a messa perché oggi sono vent’anni esatti da quando l’ho baciata la prima volta, e volevo ringraziare di poterla baciare ancora. E il Vangelo era quello di Marco, coi discepoli in barca preoccupati perché non s’erano portati dietro il pane e Gesù che non si capacita: ma come, non vi ricordate di quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, che ne sono avanzate dodici ceste? E allora grazie Signore, grazie per Rita, che per me è tutt’e dodici le ceste del tuo pane moltiplicato.
Rispondi