di Luigi Alici
Nessuno più di me è felice della rielezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica, al quale voglio rinnovare, insieme alla stragrande maggioranza del cittadini, stima e gratitudine sconfinate. Custodisco come uno dei ricordi più alti del mio percorso professionale l’aver tenuto alla sua presenza la lectio magistralis nel corso della inaugurazione dell’anno accademico nella mia università, lectio seguita da una sua interlocuzione attenta e intelligente. Eppure non riesco ad essere felice. Ieri sera, dietro l’emozione, m’è parso persino di cogliere nella sua figura un tratto di stanchezza nemmeno troppo dissimulata.
Non riesco ad essere felice: il respiro di sollievo dinanzi allo scampato pericolo non riesce a coprire il buco nero che c’è dietro. Provo a riassumerne, a caldo, alcuni aspetti in modo molto schematico:
Dilettantismo irresponsabile: abbiamo visto presunti leader di partito disposti a tutto, in un attivismo frenetico e infantile, pur di intestarsi la soluzione e agitarla come un trofeo alle prossime elezioni (PS. Quando qualcuno di loro non era ancora nessuno e si è fatto strada giocando benissimo il gioco di chi le spara più grosse, non gli sono mai mancati i megafoni della stampa: magari molti media dovrebbero interrogarsi sulle persone che hanno allevato…)
Opportunismo ipocrita: quanti, non avendo il coraggio di dirsi pubblicamente contrari all’elezione dell’attuale premier, continuavano a tesserne lodi sperticate, per farlo restare dove sta? Puure, quanti non hanno avuto il coraggio di riportare con i piedi per terra il fondatore di Forza Italia, con il retropensiero di presentarsi come salvatori della patria dopo il suo tracollo? Ma soprattutto: quanti teorici sfegatati del potere al popolo, sempre pronti a invocare elezioni anticipate, questa volta hannpo continuato a dirsi contrari invocando l’interesse del paese, con ben altri retropensieri di bassa cucina, relativi al proprio scranno in Parlamento?
Ambizioni patetiche: quanti autocandidati fino all’ultimo hanno tenuto in ostaggio il parlamento? Non solo il fondatore di Forza Italia, ma la seconda carica dello Stato che chiede per sms di essere votata e che soprattutto continua a presiedere una seduta pur essendo candidata e a usare il cellulare durante lo spoglio delle schede? Questo, a mio avviso, è stato il punto più basso: oltre al buonsenso, bastava un po’ di attenzione al precedente di Scalfaro, candidato poi eletto, che nel 1992 lasciò lo scranno al vicepresidente Rodotà.
Rispondi