di Alessandro D’Avenia

Nel primo giorno di scuola «in presenza» ho ascoltato i miei studenti del secondo anno sui Promessi Sposi. Il romanzo più odiato dagli italiani può avere un effetto sorprendente anche su ragazzi di 15 anni, se lo lasci accadere (cioè lo leggi per intero) e non lo vivisezioni o lo usi come «pre-testo» per degli «interrogatori».
Io sceglievo un passo dai primi capitoli per ciascuno dei miei studenti che, dopo averlo letto con cura, avevano a disposizione dieci minuti, senza che io li interrompessi, per aprire «il mondo» che si trovava in e tra quelle righe. Benché avessimo tutti la mascherina, ho gioito nel vederli entrare spesso in risonanza con le pagine, che ci hanno resi vicini in questo solitario periodo di DAD. Ascoltare dei quindicenni, spesso fermi sul mi piace/non mi piace (sinonimo di mi diverte/mi annoia), argomentare per dieci minuti (sfido un adulto a farlo) sul perché di un aggettivo, di una descrizione, di un gesto, o sulle caratteristiche di personaggi che sono ancora dentro e vicino a noi, ha aggiunto fuoco alla mia gioia di rivederli «in presenza».
Non avevamo reso il romanzo utile a fare interrogazioni ma interrogativi, grazie a Manzoni eravamo ancora «più in presenza»: accorti, pazienti, riflessivi. Non un semplice stare al mondo, ma un più profondo abitarci attraverso l’esperienza umana distillata in un grande classico. E così, tornando a casa, mi è tornato in mente il breve ma potentissimo Sunset limited di Cormac McCarthy, uno dei miei scrittori preferiti.
Non sono d’accordo sulla definizione data di romanzo “più odiato dagli italiani” per I Promessi Sposi, forse solo chi non lo ha letto potrebbe odiarlo, ma per senso di inadeguatezza. Credo anzi che quanti lo hanno letto ( e riletto..) lo amino e lo riscoprano più volte nella vita, così come la poesia manzoniana che incoraggiò l’ Italia ad esser “una d’arme di lingua d’altare di memorie di sangue e di cuor ” .