Due recenti ricerche dell’Ocse mettono in rilievo alcuni gravi problemi, a mio avviso correlati, che affliggono la scuola italiana. In primo luogo il nostro sistema formativo è uno dei meno dotati a livello tecnologico rispetto agli altri Paesi europei e Ocse. Gli stessi dati forniti dal governo italiano stimano che solo il 9% delle classi sia connesso a internet. Nei Paesi con i migliori risultati nei test Ocse-Pisa, questa percentuale supera sempre l’80% (The Abc of Gender Equality in Education, Ocse 2015). L’Italia si trova, invece, agli ultimi posti sia per la penetrazione di internet a scuola, sia per l’uso di strumenti tecnologici nell’apprendimento, così come per la formazione metodologica e tecnologica degli insegnanti. Si tratta di dati recenti che confermano un trend negativo segnalato, ad esempio, dal sondaggio
affidato dalla Commissione europea a European Schoolnet e basato su 190mila questionari diffusi nei 27 Paesi membri. L’Italia è agli ultimi posti con Polonia, Romania, Grecia, Ungheria e Slovacchia (European Schoolnet, 2013) nel 2015 come nel 2013.
I nostri figli e studenti usano, perciò, molto internet a casa (Cittadini digitali, Istat 2015), per lo svago, il gioco e le chiacchiere tra pari (Facebook Messenger, WhatsApp eccetera) e ben più raramente come strumento per l’apprendimento. Il gap tecnologico e metodologico della nostra scuola è alla base di altre due gravi lacune che l’Ocse evidenzia. I nostri studenti sono, nel mondo, tra i più “afflitti” dai compiti a casa. I quindicenni italiani trascorrono, infatti, quasi nove ore la settimana a fare i “compiti” contro una media Ocse di 4,9 ore. Finlandesi e coreani, che svettano nelle classifiche sulle competenze matematiche, dedicano allo studio in media meno di tre ore la settimana, meno della metà degli italiani che sono molto più in basso nella classifica dei risultati!
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