Pier Paolo Pasolini scriveva: “Anni fa c’era un odio diverso. Un odio razziale generico, quello che si prova per tutti i diversi, siano ebrei, siano omosessuali. Questo odio andava a sommarsi con un odio più specifico… quello che viene dedicato a chiunque si rifiuti di essere identificato con un cartello segnaletico preciso. L’odio di ieri era l’odio della sottocultura. L’odio di oggi è quello medesimo, travasato nella cultura”. L’installazione, che prende il titolo di “Achtung!” (“Attenzione!”), vuole appunto rimarcare il persistere di un odio verso tutto ciò che viene ancora visto ed identificato come “diverso”, anche nel semplice rifiuto dell’omologazione rispetto alla massa, come appunto Pasolini illustrava.
Tale persistenza, viene amplificata dalla frase in lingua tedesca, appositamente utilizzata non tanto per simboleggiare quanto compiuto dall’ideale nazista, ma per elevarlo oggi a potenza, come in un’operazione matematica dettata dal trascorrere del tempo, che ci permette, a distanza di anni, di comprenderne più a fondo tutta la follia ed atrocità. Ecco quindi l’avvertimento: “Ausmerzen, den Schwachen, den Andersartigen, eine Idee, ein Leben, ein Volk… das Sein ausmerzen… gestern wie heute!” ovvero “Annientare il debole, il diverso, un’idea, la vita, un Popolo… Annientare l’essere… ieri come oggi!”
L’installazione è stata concepita con l’idea di mostrare la sofferenza dettata dall’odio e dare ad essa una tridimensionalità, nello spazio temporale.
Sul tronco di legno, che rappresenta la vita, si inserisce la struttura del campo di concentramento, con i suoi blocchi di cemento, il filo spinato, dove appunto il Popolo Ebraico viene rinchiuso, seviziato, eliminato.
E non a caso il tronco di legno è bruciato, affinché le ceneri, che cadono continuamente dallo stesso, simboleggino le vite distrutte, annientate!
Fuori dal campo, ovvero sulla tavola dove si inserisce l’avviso di pericolo, dove si sviluppa il passato concepito come “uscita dal campo di concentramento”, presa coscienza dell’esistenza dello stesso, prende forma la tridimensionalità della sofferenza e dell’odio cui avevo accennato.
Qui la Stella di Davide è riportata deformata, proprio per rimarcare la tragedia di quanto vissuto.
Ma l’odio altrui ti trasforma soltanto alla vista di chi non coglie in te ciò che sei realmente, poiché dalle prove dolorose di quell’esperienza, resta nel concreto, oltre ai terribili ricordi, la dignità, la fierezza di ciò che si è realmente e dunque l’obbligo e l’impegno morale e civile di far conoscere, attraverso la propria testimonianza, quanto accaduto, affinché non si ripeta in modo identico e nelle sue nuove forme. Una lotta che ci vede e vedrà impegnati giorno per giorno, perché “ieri, come oggi!”.
L’installazione è stata donata dall’autore all’Associazione Amici di Israele
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