di Andrea Lavazza
Qual è la vignetta peggiore? La caricatura disegnata su carta di Maometto e del sanguinario sedicente califfo al-Baghdadi oppure l’immagine vera, che sta facendo il giro del mondo, in cui due persone inneggiano ad Allah sparando il colpo finale a un poliziotto a terra già ferito, dopo che hanno fatto strage nella redazione di un giornale? Lo spietato attacco terroristico compiuto a Parigi contro il settimanale “Charlie Hebdo”, qualunque sia la sua matrice (e per ora la più probabile sembra quella dell’estremismo islamico), non può che suscitare il massimo orrore e la massima condanna per le vite umane innocenti che sono state stroncate. Ma la scelta di colpire un giornale, il suo direttore, i suoi redattori, coloro che ne permettono con vari compiti la realizzazione e chi lo difendeva come tutore dell’ordine deve inquietare, se possibile, ancora di più. La libertà di espressione, quella sancita anche dall’articolo 21 della nostra Costituzione – “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure” – non significa licenza di offesa, ma resta uno delle conquiste e dei baluardi fondamentali della nostra civiltà cristiano-liberale.
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