Una notte di terrore ha svelato definitivamente ai ceccanesi la debolezza del loro territorio: un’ora di pioggia forte ha trasformato le strade in fiumi, allagato il piano terra di tante abitazioni, danneggiato mobilia, messo in ginocchio attività commerciali, agricole, produttive, riempiti i garage, tirato giù improbabili muri di contenimento. E’ la prova, se se ne fosse ancora bisogno, che il territorio fabraterno è stato violentato da chi ha voluto costruire a dispetto di ogni principio precauzionale. Ci sono state due circostanze provvidenziali che hanno impedito che l’esondazione di fossi e canali si trasformasse in tragedia: l’orario e la bassa portata del fiume Sacco. Pensate cosa sarebbe accaduto se il fiume fosse già stato in piena e se ci fosse stato tanto traffico: l’alluvione è stata improvvisa e rapidissima a testimonianza che tutto il sistema di raccolta e di regimazione delle acque meteoriche è saltato dopo anni di mancata manutenzione. Sono esondati fossi e torrenti di cui avevamo perso ogni traccia. E’ stato un segnale importantissimo per i ceccanesi: è necessario cambiare il nostro rapporto con il territorio: via per Frosinone è andata sott’acqua perché tutti i terreni a monte sono stati cementificati o asfaltati, con il placet di chi avrebbe invece dovuto vigilare perché ciò non accadesse, i fossi sono straripati perché riempiti di detriti di ogni genere, le cunette non hanno incanalato la pioggia perché occupate da muraglioni privati o piene di vegetazione e rifiuti, i tombini delle fogne sono otturati da terra, foglie, pacchetti vuoti di sigarette, bottiglie di plastica. Dobbiamo cambiare. Abbiamo avuto un avviso, ci siamo messi una bella paura. Ora, bisogna modificare i nostri comportamenti se non vogliamo che la nostra terra diventi un nemico
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