Dall’arch. Anita Mancini riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Sebbene la nostra Costituzione all’articolo 9 tuteli “il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”, non sempre le amministrazioni locali del nostro territorio hanno saputo (voluto) tenerne conto. A giudicare dai metri cubi di cemento che sono stati riversati su Ceccano negli ultimi dieci anni parrebbe, al contrario, che il paesaggio sia stata sacrificato senza troppe remore sull’altare della rendita speculativa. Questo ha portato ad un consumo indiscriminato di suolo ed al fenomeno noto come “soil sealing”: il terreno, cioè definitivamente impermeabile, ovvero coperto da materiali come cemento e asfalto e altri materiali inerti che non permettono il passaggio di liquidi, in particolare acqua, riducendone drasticamente lo scambio tra suolo e atmosfera. Tale fenomeno è uno tra i più incisivi tra quelli che riguardano il degrado del suolo, al punto da annoverarlo tra le problematiche “serie” a livello UE, perché espone a rischi sempre più gravi le aree urbanizzate in caso di eventi meteorologici severi e talora estremi. Un’area permeabile (come ad esempio un’area a bosco) riesce ad assorbire gran parte della pioggia che riceve: più dell’80%, mentre su un suolo impermeabile l’acqua piovana non assorbita aumenta con il perdurare della pioggia. Da qui, i fiumi d’acqua che dai margini della strada precipitano poi nelle scarpate, trascinando anche sostanze inquinanti e che possono causare il “dilavamento” cioè l’erosione del terreno e di qui il rischio di frane e smottamenti, in un territorio già fragile ed a rischio idrogeologico. L’obiettivo dell’azzeramento del consumo di suolo è stato definito a livello europeo già con la Strategia tematica per la protezione del suolo del 2006 , che ha sottolineato la necessità di porre in essere buone pratiche per ridurre gli effetti negativi del consumo di suolo e, in particolare, della sua forma più evidente e irreversibile: l’impermeabilizzazione, appunto.
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