La gratitudine vera riesce ad andare oltre il sentimento solo se può trasformarsi in promessa. Lo stupore non è un raro momento di grazia, ma può generare una trama di buona reciprocità, in cui riconoscenza e riconoscimento si alimentano reciprocamente. Occorre però, a questo punto, fare i conti con la durata: questo processo non può rimanere allo stadio adolescenziale delle emozioni ma deve trasformarsi in un impegno… La riconoscenza senza la promessa è come l’innamoramento senza l’amore, la libertà senza la responsabilità, l’istante senza la durata. Forse proprio questo oggi ci manca: più che avere una relazione, ciò che conta è entrare in relazione per poter essere in relazione.
Certo, le voglio bene, sento di volerle bene in modo pieno, totale, ma che bisogno c’è di sposarsi? Dobbiamo accettare quell’atto inutile d’ipocrisia, che molti compiono senza crederci, solo per compiacere la megalomania vanitosa della mia (o sua) famiglia? Se l’amore c’è, non abbiamo bisogno di sposarci; se cerchiamo nel matrimonio un puntello esterno al nostro amore, allora vuol dire che siamo messi proprio male. Stiamo insieme, proviamo, vediamo come va. Se non funziona, almeno non dobbiamo andare dagli avvocati; bisogna anche pensare alle conseguenze. Che differenza c’è se siamo sposati o no?
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