Qualcuno, a Gerusalemme, avrebbe preferito che i discepoli di Gesù, bloccati dalla paura, rimanessero chiusi in casa per non creare scompiglio. Anche oggi tanti vogliono questo dai cristiani. Invece il Signore risorto li spinge nel mondo: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). La Chiesa di Pentecoste è una Chiesa che non si rassegna ad essere innocua, troppo “distillata”. No, non si rassegna a questo! Non vuole essere un elemento decorativo. È una Chiesa che non esita ad uscire fuori, incontro alla gente, per annunciare il messaggio che le è stato affidato, anche se quel messaggio disturba o inquieta le coscienze, anche se quel messaggio porta, forse, problemi e anche, a volte, ci porta al martirio».
(Papa Francesco, Regina Coeli, 8 giugno 2014)
un commento di Luisella Saro
Ho ascoltato il Papa con attenzione. In verità lo facevo anche con i Papi precedenti, ma lo faccio di più ora, da quando ho capito che soprattutto per Papa Francesco è necessario anzi indispensabile andare alla fonte. Ascoltare proprio la sua voce, leggere proprio le sue parole. Perché i resoconti della stampa e sui social sono quasi sempre riduzioni, talvolta libere interpretazioni, spesso travisamenti e ogni due per tre delle strumentalizzazioni. Verificare per credere.
Oggi, Pentecoste, papa Bergoglio ha ricordato la «manifestazione pubblica» a cui siamo chiamati, noi che siamo figli di una «Chiesa che sorprende e scompiglia». E siccome un cattolico non ascolta il Papa per contratto né per fargli clap clap e dirgli bravo e citarlo, ma lo ascolta perché siccome è il «dolce Cristo in terra» va seguito, mi sono chiesta cosa può significare per me, insegnante, ciò che ha detto. Come possono diventare carne, e vita, le sue parole.
Ieri ho salutato i miei studenti, che rivedrò se Dio vuole a settembre.
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