di Giorgio Bernardelli
Come provare ad andare oltre, cercando anche per le ricorrenze uno stile che incarni l’essenza di questo Pontificato? Butto lì un’idea: perché non ritornare davvero a quel 13 marzo 2013 attraverso il gesto che lui stesso ha chiesto al popolo di Dio nelle sue prime parole da Papa? Ve lo ricordate, vero, quel gesto plateale in piazza San Pietro?
«E adesso vorrei dare la benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la benedizione per il suo vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me».
Sì, che Dio ti benedica, Francesco. Ma non nel senso dell’uomo della Provvidenza, del paladino che arriva e poi mette a posto le cose. Che Dio ti benedica perché questo è il modo in cui noi cristiani guardiamo sempre al mistero della Chiesa. Che Dio ti benedica perché impariamo un po’ tutti a benedirci di più a vicenda, anziché pensare di bastare sempre da soli (compreso quando chiediamo aiuto a Dio). Che Dio ti benedica perché ci hai raccontato che quando il vescovo prega fa come Abramo che intercede per il suo popolo, trattando sul numero dei giusti a Sodoma, per spuntare la
salvezza della città. E abbiamo capito che questo è il modo più bello di pregare. Che Dio ti benedica perché tante volte in questi mesi ci hai ripetuto che anche il Papa è un peccatore che ha bisogno della misericordia del Padre. E probabilmente proprio questa è stata la tua parola che ci ha dato più speranza. Che Dio ti benedica e ti permetta di aiutarci a guardare molto più in avanti che indietro, molto più fuori dal recinto sicuro delle nostre comunità che dentro, molto più in profondità dentro il nostro cuore che nella superficialità dei nostri ragionamenti.
Che Dio ti benedica, perché è Lui l’unico Signore della storia. Compresa quella della Chiesa.
post originale qui http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=1633
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