Su chi non riesce a digerire l’«ossessione» di Papa Francesco per le «pecorelle smarrite» (che mica si possono convertire davvero)
Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso!».
Così, nel Vangelo di Luca, si sfoga il fratello maggiore del figliol prodigo. Trova inspiegabile che il padre faccia festa per il ritorno a Canossa di quel
cialtrone, un po’ paravento, di suo fratello. In una scena cinematograficamente assai efficace, lo vediamo mentre, livido di rabbia, osserva torvo i festeggiamenti per il figliol prodigo e un’insana gelosia si fa strada nel suo animo. Secondo lui, forse, papà non doveva neanche farlo rientrare a casa. Figurati se era il caso di fare tutta questa baldoria per l’interessato ravvedimento di quello scialacquatore di eredità.
Il suo è il complesso del figlio maggiore o del figliol ‘non prodigo’. Un complesso da tempo estremamente diffuso nella comunità cattolica, ma ora evidenziato dall’ossessione di Papa Francesco per il recupero delle ‘pecorelle smarrite’. Fissazione che si spiega forse con il fatto che Bergoglio ha la mania di leggere il Vangelo. Ed è altrettanto convinto (vedasi il n° 154 della Evangelii Gaudium) che il pastore debba mettersi in ascolto del popolo. E che il suo popolo sia potenzialmente molto esteso.
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