Francesco scrive al quotidiano Repubblica rispondendo a quesiti posti da Eugenio Scalfari. “La questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza”.
Qui la lettera integrale http://www.famigliacristiana.it/articolo/il-testo-integrale-della-lettera-di-papa-francesco–a-eugenio-scalfari.aspx
E qui un commento di Alberto Chiara
E’ un dialogo cercato, schietto, fraterno. Papa Francesco scrive al quotidiano la Repubblica. Risponde a una serie di domande sollevate da Eugenio Scalfari. Si rivolge cuore in mano a chi non crede. «Dobbiamo fare un tratto di strada insieme», afferma.
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http://www.famigliacristiana.it/articolo/papa-lettera-a-chi-non-crede.aspx
Il grande studioso Prof. Francesco Colafemmina, curatore del Blog Fides et Ratio, ha iniziato a riflettere sulla lettera del Vescovo di Roma Bergoglio a Scalfari:
L’aver scritto a Repubblica è un grande omaggio che Papa Bergoglio ha tributato a tutto l’enorme potere e a tutto il sistema di valori rappresentato da quella testata. Si può dire che gli abbia portato in dote l’intera Chiesa Cattolica.
Così ora i due Papi, Papa Francesco e Papa Scalfari sono d’accordo su tutta la linea.
Ma ad aver cambiato idea non è stato Scalfari.
Per Scalfari non esiste né Dio né il peccato. Ma egli tenta il Papa, vuole costringerlo per mera cortesia verbale attraverso un gioco di insincera apertura alle sue risposte, ad affermare che sì, la misericordia di Dio perdona sempre. Che anche l’ateo – che per il catechismo per ciò stesso ossia per la sua negazione consapevole di Dio, è già in stato di peccato – in realtà non compie peccato se non quando ignora la sua coscienza. Ma cos’è la coscienza e come si articola il suo giudizio? Questo il Papa non lo chiarisce.
Peccato che il Papa si sia prestato al giochino superbo e autoreferenziale di Scalfari.
Scalfari non cerca Dio. Scalfari tenta Dio e il Papa. Non è in dialogo perché cerca l’Assoluto, no. Il suo è un pallino intellettuale. Non cerca nulla per sé, per la sua anima, concetto al quale non crede neppure e dunque perché chieder conto del peccato? Lui vuol solo dimostrare al mondo che la Chiesa deve dare spiegazioni della sua presunzione di verità e della sua autorità in merito al peccato.
Nella lettera del Papa nemmeno una parola sulla “cultura moderna”, come figlia della razionalità “irrazionale”, in corsa verso l’annientamento della persona umana e della stessa vita umana (divorzio, aborto, eutanasia e suicidio: “glorie” squisitamente massoniche.
Non una pecorella smarrita, ma un peccatore convinto, un ateo animato soltanto da una insensata hybris.