di Angelo Franchitto per http://genitoriefamiglia.blogspot.it
In Europa, e nel mondo occidentale in generale, i giovani che nascono in famiglie miste, con genitori per etnia, razza, cultura e religione diverse, vivono un disagio sociale che non gli permette di dare una risposta alla domanda: “Chi sono Io?”.
In Italia, almeno sulla carta, si propone un modello di integrazione sociale all’avanguardia, che è quello “interculturale”.
La particolarità di tale modello è nel fatto che a differenza del modello “multiculturale”, dove persone di culture diverse condividono lo stesso paese, ma non c’è integrazione, nel modello “interculturale”, le culture s’incontrano, e le persone condividono i saperi e le conoscenze, cercando di assottigliare le differenze e di unire i gruppi culturali.
Certamente c’è ancora molta strada da dover fare, ma l’Italia ha davanti a sé l’occasione di costruire una vera società interculturale, pacifica e feconda.
L’intercultura favorisce anche i giovani nati da coppie miste.
Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza generalmente porta, in misura differente da persona a persona, ad ansie di tipo depressivo, dovuto al cambiamento psicologico e fisico. La perdita dell’infanzia, la paura del futuro, le incognite legate a una fase della vita in cui non si è ne piccoli ne adulti, crea tipi di confusioni, prodotte dall’insieme di noto e ignoto. Gli adolescenti con genitori che hanno diversa origine, etnica e culturale, è come se dovessero lasciare il mondo dell’infanzia, e abbracciare una identità di adulto incompleta. Essi nel tentativo di crearsi una identità culturale e una società nella quale riconoscersi, si trovano a metà strada tra due mondi, e sentono di non appartenere completamente ne all’uno ne all’altro. Tutto ciò amplifica ulteriormente la sensazione di sospensione, incertezza e transizione.
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