Una giornata per riscoprire il significato di stare quotidianamente vicino a chi soffre. Questo può essere il significato del messaggio del Santo Padre in occasione della XXI Giornata mondiale del malato, che ricorre oggi. Così l’aveva voluta il beato Giovanni Paolo II: momento forte di preghiera, di condivisione, di offerta della sofferenza per il bene della Chiesa e, insieme, richiamo perché tutti riconoscano nel sofferente lo stesso volto di Cristo, che ha sofferto, è morto ed è risorto per la salvezza di tutti.
Da sempre la Chiesa si fa vicina ai malati, il più delle volte emarginati dalla società, perché ritenuti portatori di una qualità di vita inferiore agli altri, perché difficili da avvicinare, perché un peso. Sì, è vero la malattia e i limiti fisici e psichici alzano, purtroppo, un muro nei confronti di chi è sano, creano una distanza tra noi e loro. Questo è inevitabile, perché
chi soffre è come se vivesse un’altra dimensione rispetto a chi è sano. Questo crea spesso una sorta di disagio. Però, non è umanamente accettabile quello che ne segue: allontanamento, emarginazione, teorizzazione dell’inutilità di queste vite e dei costi nell’assistenza.
Il Papa ripropone ai credenti la figura emblematica del Buon Samaritano, perché i suoi atteggiamenti esprimono bene come vincere il muro. Per prima cosa si fece vicino al malcapitato, poi, considerando la sua situazione, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino. Inoltre, lo caricò sopra il suo giumento e lo portò a una locanda, dove si prese cura di lui per quel giorno. L’indomani lo affidò all’albergatore pagando le spese per la successiva assistenza. Ora, il comportamento del samaritano non è solo un buon esempio, è una regola che il Signore Gesù consegna a chiunque voglia essere suo discepolo: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”.
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