Non vi ruberanno dal nostro cuore


La morte improvvisa di Gianmarco Imola, allievo della III F del liceo di Ceccano, ha lasciato attoniti. Una sua compagna ha provato a scrivere i suoi sentimenti, appena avuta la notizia.

di Chiara Sodani

E’ una giornata estiva esattamente come tutte le altre. Ti svegli che è quasi ora di pranzare, tua madre ti sgrida perché è tardi, devi rifarti il letto, devi preparare il pranzo, darle una mano con le pulizie.
Per tutta risposta, le prometti di sbrigare tutto tra cinque minuti, accendi meccanicamente il computer, accedi a Facebook, controlli le notifiche, e lì tutto si blocca. 
Ti trovi davanti un annuncio, una notizia, una tragedia. Ti agiti sulla sedia, senti milioni di piccoli brividi accarezzartila nuca e non ricordi bene dove ti trovi. Ti bastano le prime parole per capire tutto e smettere di leggere. ‘Avrò letto bene?’, ti chiedi. E quindi rileggi, una volta, due volte, cento volte. Vuoi convincere te stesso di aver avuto una svista, ma sai benissimo che la vista non ti inganna, e ciò che hai letto la prima volta, sarà quello che leggerai per un po’, di nuovo. Sulle bacheche di molti, sui quotidiani, forse in qualche telegiornale locale, poi negli occhi di chi lo amava, poi su di una fredda e muta lapide. 
Non ti senti più al sicuro, hai perso la bussola. Un’altra bell’anima che non vedrai più gioire, ridere, scherzare, stare male per un voto non meritato, piangere, impegnarsi per corteggiare una ragazza o un ragazzo, non poter cercare rifugio nella braccia di un genitore, perdersi nella carezza di una madre. 

Ti guardi intorno, la camera è disfatta, senti tua madre borbottare e improvvisamente ritrovi la bussola. Sei a casa. 
Tatto. Vuoi carezzare le tue braccia, i tuoi abiti, afferrare la scrivania e scaraventare la tastiera; vuoi pungerti, vuoi sentirti sgridare perché la camera è ancora in disordine, vuoi discutere con un amico per due idee contrastanti, vuoi accarezzare il cane, vuoi scontrarti con i tuoi genitori perché vuoi andare a ballare, vuoi passare la notte fuori, vuoi sentirti troppo grande in un mondo minuscolo, hai bisogno di sentire che sei tu, a pugni contro il mondo, e vuoi mangiare schifezze davanti la televisione fino a tarda notte, e sentirti dire che non vali nulla, per poter dimostrare al mondo chi aveva ragione. E, chissà, vuoi andare all’Università, e diventare qualcuno, combattere con le unghie e con i denti per il tuo futuro. Che sia da neurochirurgo, che sia da poeta, che sia da domatore di leoni, ma che sia comunque tuo. E sentire il sangue nelle vene, il cuore che pulsa, le dita che stringono, carne o forse un pugno di sabbia, e vuoi sentire, sentire con tutto il cuore, allo stesso modo il dolore ed il piacere. E ti senti in diritto di sentirti leggero.
Sì, perché quando nasci, non è solo un’esplosione caotica e confusionaria d’amore: è una promessa. Una promessa che fai a te stesso, prima di tutto, e poi a chi ti ama, ora, ieri, domani, per sempre. Prometti di sentire, e di lasciare il segno nel cuore di qualcuno. Prometti di VIVERE.

E tu, Gianmarco, e voi tutti che vivete ancora tramite le nostre parole, ce l’avete fatta. Sì, avete promesso e mantenuto, come solo i veri grandi sanno fare, e siete riusciti a dimostrarlo in poco, pochissimo tempo. 

Vi voglio salutare con una bellissima citazione di Arundhati Roy, 
‘è strano come a volte il ricordo della morte sopravviva molto più a lungo della vita che essa ha rubato.’ 

Promettere, ora spetta a noi, e vi promettiamo che dal nostro cuore non vi ruberanno. Ciao, amici!

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