Non mollare mai, ragazzo


Quando alle tempie impazzite sale la storia di un giovanissimo che, oppresso dalla prepotenza, decide di farla finita, viene da gridare: non mollare mai.  Quando le orecchie sono graffiate dalle urla silenziose di un ragazzo percosso e umiliato dalla violenza dialettica e fisica più gratuita, viene da pensare a voce alta: non mollare mai.

Frasi smozzicate, deturpate dall’impossibilità a chiedere aiuto, a fare un passo avanti per tentare di cambiare il corso della propria storia personale, è la paura a fermare il cuore, il sopruso e la prevaricazione a non fare più vedere a un palmo dal naso. Forse in queste assenze che mordono le coscienze, c’è responsabilità di chi è deputato a vigilare, non solamente a stirare, riordinare, lavorare, oppure leggere i compiti, dare i voti, avendo elargito qualche nota scarna di appunti importanti.

Un giovanissimo è all’angolo, non parla, rimane all’ultimo banco coperto, nascosto, l’attenzione ha preso altre strade. Noi ce ne stiamo abbottonati alle nostre belle certezze, in fin dei conti: “fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”, come a dire che non c’è da preoccuparsi, più semplicemente sono eventi critici messi nel conto per mandare avanti la baracca a nome società. Quell’adolescente che non ce la fa più a sopportare la propria resa, è il sintomo di una collettività che non ha più numeri per rinnovarsi, per rendere creativa e prima ancora intuitiva la vita di ciascuno dei suoi componenti: quando c’è di mezzo un giovane, stiamo parlando di protagonisti,  quelli che faranno la differenza domani.

Un ragazzo è stato messo sotto a scuola dal “famoso” di turno, un altro non regge alla “vergogna” della bocciatura, un altro ancora sta dentro l’adrenalina comprata per strada, dove nessuno è al corrente dello spaccio, ma la vendita, l’acquisto, il  consumo  di sostanze illegali non è celato, è uno status quo consolidato, prima dell’interrogazione, in ufficio, in oratorio, al pub, ogni fine settimana per sentirsi “finalmente” leoni. “Non mollare mai”, è facile dire così, mandare in avanscoperta le parole, le formule magiche, poi ci sono le persone che rimangono lì paralizzate dall’incuria personale, tutto ciò che accade è dall’altra parte della strada, non a casa mia.

Durante un incontro, un uomo: è proprio vero, non basta un intero paese per educare un figlio. Poco più in là una donna: perché mio figlio e la droga, perché questo dolore che mi taglia a metà lo stomaco, perché mio figlio e il carcere, senza essere ancora un delinquente. Quali le risposte da consegnare loro, forse si tratta di una ingiustizia che colpisce intensamente e direttamente il cuore di una intera collettività? Invece è un  groppo in gola momentaneo, nulla di più, il passato è gia domani, perché  irresponsabilmente lo autorizziamo a ricomporre la sua trama maledetta.

Forse per esorcizzare la radice malata di un pensiero degenerato, l’indifferenza che  avvolge un ragazzo che si uccide nella propria cameretta, lasciando poche righe di denuncia alla vita, alle persone un congedo altrettanto violento, quanto le offese  e le umiliazioni ricevute a tradimento. “Non mollare mai”, neppure di fronte  alla scoperta terribile e incomprensibile di essere improvvisamente soli, con la droga intesa normale, prevaricati da una prepotenza persistente, intenzionale, asimmetrica, è violenza che porta via gli indifesi,  incapaci di parlare, di chiedere aiuto, li porta via pieni di segreti troppo spesso inascoltati.

Non mollare mai ragazzo, guardati attorno e non pensare di essere solo, perché non lo sei, c’è sempre qualcuno, che magari non ti aspetti, ma ti viene incontro, porta la sua mano a stringere la tua, a sradicarti dalla normalità quotidiana del tuo incubo.

Vincenzo Andraous

 


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