I lettori ricorderanno la vicenda di cui questo blog si è occupato tante volte, dopo averla resa nota: nell’aprile del 2023 Palazzo Antonelli emetteva un’ordinanza che vietava l’uso dell’acqua attinta ai pozzi esistenti nel raggio di 500 metri dal ponte dell’autostrada di via Marano, a Ceccano. Si tratta di un numero molto consistente di pozzi, normalmente utilizzart per l’orticoltura e per abbeverare il bestiame. Furono vietati anche questi usi. Un’analisi dell’Arpa Lazio condotta a novembre del 2022 aveva evidenziato un inquinamento da cloroformio superiore di oltre sessantacinque volte il minimo consentito. Di quell’ordinanza non venne data notizia alla popolazione che conobbe di avere l’acqua dei pozzi inquinata soltanto dalla stampa. Da allora non s’è saputo più nulla, nonostante le ripetute sollecitazioni dell’opinione pubblica. Ora Ceccano 2030 prova a richiamare l’attenzione: Ceccano ha diritto alla verità:, scrivono in un comunicato stampa, la nuova amministrazione faccia luce sull’inquinamento dei pozzi di via Marano. Era questo uno dei misteri del rosario di Andrea Querqui, ereditato pari pari dal caligiore annibaliano. Infatti, nel comunicato di Ceccano 2030 si legge ancora: la precedente amministrazione Caligiore scelse il silenzio: nessuna informazione ufficiale è mai stata trasmessa alla popolazione residente, né in merito alla natura dell’inquinamento, né sull’origine delle sostanze rilevate, né tanto meno sull’effettiva pericolosità dell’utilizzo dell’acqua, anche per usi agricoli o zootecnici. Ancora più grave è il fatto che la maggior parte degli abitanti della zona non è stata sufficientemente messa a conoscenza dell’esistenza del divieto, restando di fatto esposta a potenziali rischi per la salute e per l’ambiente.
Insomma, si può usare l’acqua dei pozzi di via Marano? Non mi sembra un’informazione di poco conto.

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