di Pierangelo Sequeri
| È l’ora del sacrificio (l’ora ”nona”, ossia le tre del pomeriggio, la stessa ora in cui è morto Gesù). Il mendicante sta davanti alla Porta Bella. Non può entrare, e partecipare all’offerta del sacrificio, perché è handicappato: ossia porta il segno di una malattia invalidante, che per molti è ancora il marchio di una punizione divina. Pietro lo rimette in piedi, nel Nome di Gesù: “Nel Nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!” (Atti, 3, 6). Il primo miracolo di Pietro, nel Nome di Gesù, consiste nel “rimettere in piedi” qualcuno, per farlo camminare. Pietro sa bene che lui stesso ebbe bisogno di essere “rimesso in piedi” da Gesù, dopo che la paura lo aveva paralizzato. La consegna del Risorto non fa memoria di quel momento di debolezza: se mi ami – dice il Signore – mi basterà che tu abbia cura dei miei agnelli (cfr. Giovanni, 21, 15-19). Ci siamo appena congedati da un Papa che ha avuto istinto, leggendo i segni dei tempi, per uno stile del ministero petrino che ha inquietato i discepoli pur di far star bene i fedeli (soprattutto quelli rimasti a lungo fuori del tempio). Stiamo per riavere un Papa. Non sappiamo chi sia: ma il nostro sensus fidei si è ormai acclimatato con l’immagine di un Pastore che ci inquieta per farci stare bene. E ci rimette in piedi, nel Nome di Gesù. Quando arrivi, caro Papa, sarà nel bel mezzo del Giubileo e del Sinodo: ossia della grande occasione di purificazione e di comunione che deve segnare il cambio di passo della Chiesa, che riprende a camminare. Siamo tutti alla Porta Bella, Papa (e più di qualcuno zoppica). Ci trovi lì, quando arrivi. |

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