Salvatore Sarcone è un affermato insegnante di economia aziendale all’università, ha fondato uno studio di consulenza aziendale e tributaria ma la sua vicenda biografica, che ha narrato nel libro Salvatore lo faremo ragioniere, per i tipi di Mondadori, riguarda tutti coloro che hanno grosso modo la mia età: Sarcone infatti è originario di un paesino della Calabria, Cutro, e le sue narrazioni mi hanno riportato alla mente cosa voleva dire per tanti miei coetanei andare a scuola negli anni 60. Trasporti pubblici inesistenti, strade impercorribili, famiglie non in grado di sostenere gli sforzi dei figli, anzi forse più contente di vederli smettere per trovare lavoro e dare una mano alle finanze familiari, piuttosto che affrontare costose scelte nelle classi superiori o all’università. E poi una profonda differenza sociale in cui il successo scolastico era quasi esclusivamente assicurato dalla famiglia cui si apparteneva. Negli anni in cui ho insegnato, ho sempre ricordato ai miei studenti il dato relativo alla mia classe di scuola media. Delle 25 persone che ne facevano parte, soltanto in 2 arrivarono alla laurea: questa era la condizione delle città rurali come Cutro o Ceccano, in cui io vivo. E quelli che sono riusciti hanno dovuto compiere sforzi notevoli anche soltanto per arrivare a scuola, o andare all’università. Spesso alcuni non avevano case riscaldate o non potevano permettersi l’acquisto di libri costosi. Il piccolo Salvatore ricorda,in diversi capitoli, quanto fosse difficile, in inverno, allontanarsi dall’unica sorgente di calore della casa, il camino a legna, che poi si suddivideva in tanti scaldini, piccoli contenitori con la brace, ma le lenzuola rimanevano umide e spesso i ragazzi venivano confinati nei piani alti delle case, quelli più freddi. Il libro di Sarcone è un’interessante ricostruzione di come alcune società esprimano una contrarietà sostanziale alla frequenza scolastica dei loro giovani, affermando una linea di principio favorevole allo studio ma scoraggiandone effettivamente l’esperienza. A questo bisogna aggiungere, come ben descrive Sarcone nel suo libro, le scelte della politica, relative alla presenza degli istituti scolastici sul territorio. Quanti giovani di Ceccano, soprattutto le ragazze, si sono diplomati in ragioneria perché era l’unico istituto superiore presente in città fino agli anni 90 del secolo scorso. Per fortuna le cose sono cambiate, o no?

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