di Simone Esposito
La tavola della Vigilia senza il capitone di mamma, Lucarie’ con la faccia di Castellitto, la messa di mezzanotte alle sette di sera, il presepe di San Pietro senza Bambinello riccioluto. Se vi sentite perseguitati, voi che a quest’ora non siete dove siete sempre stati (come me), e non state con chi siete sempre stati (come me), se pensate che sia tutto un complotto per destabilizzarvi l’esistenza, ricordate che quello che credete sia sempre stato ha avuto anch’esso un inizio. Come tutto. C’è stata una Vigilia in cui mamma ha smesso di cenare da nonna (la tradizione!) ed ha iniziato ad apparecchiare a casa sua. C’è stato un momento in cui Eduardo ha preso tra le mani il teatro farsesco che aveva reso grande suo padre (la tradizione!) e lo ha scardinato, con i Cupiello, i Gennaro Jovine, le Filumene. C’è stato un tempo in cui a messa ci si andava solo di prima mattina perché la notte era l’ora dei peccatori (la Tradizione! con la maiuscola, e non era nemmeno 70 anni fa), ma poi la Chiesa è maturata e sono spuntate le liturgie vespertine e le veglie notturne. E c’è stato un Natale in cui Francesco d’Assisi, dentro una Chiesa in rovina, s’è inventato di mostrare il Dio-che-viene in un modo che non s’era mai visto, e mezzo mondo lo ha chiamato pazzo.Oggi il mondo come lo conoscevamo traballa tutto intero: forse per questo ogni cambiamento ci sembra ancora di più un attentato a quel tanto o poco del nostro quieto vivere sopravvissuto alla pandemia. Abbiamo bisogno di punti di riferimento per non smarrirci, di fari in questa tempesta. Ma la tradizione, quella autentica, nasce sempre da un atto di rottura e di coraggio, e come un faro serve solo a chi esce in mare aperto: a chi rimane fermo in porto basta un lampione. Non mettiamoci a difendere i lampioni: teniamo accesi i fari, e accendiamone di nuovi.

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Buone feste…